BRIZZI, UN PASSO AVANTI E UNO INDIETRO

BRIZZI, UN PASSO AVANTI E UNO INDIETRO BRIZZI, UN PASSO AVANTI E UNO INDIETRO Perché non convince «Tre ragazzi immaginari» HE cosa sarà di Brizzi domani è difficile dire. Certo domani è incerto per tutti ma di certo tutti ci presenteremo con la stessa faccia. Quale sarà la faccia di Brizzi scrittore domani è una domanda cui è difficile rispondere. Ha iniziato con Jack Frusciante, scritto quando era ancora uno studente di liceo, rivelando non solo talento (è ancora poco) ma anche (che è il più) un senso della modernità (più 0 meno consapevole) che faceva pensare che di lì potesse rinascere il romanzo italiano. Non si trattava solo della freschezza che qualche volta accompagna le opere prime (per giunta di un adolescente) ma della novità, esistenziale e di comportamento, che si poteva cogliere nei rapporti tra i personaggi che, pur non rinunciando a una estraneità di fondo, realizzavano la strada di un nuovo parlarsi (essere nel mondo). Poi è arrivato Bastogne dove Brizzi ci obbliga al sospetto (che prima non avevamo) che l'opera precedente è nata per caso (approfittando della grazia che qualche volta ha l'adolescenza); che il Brizzi dopo il successo (clamoroso) del primo roman¬ zo ne deve (è costretto: dall'editore?) scrivere più 0 meno a tambur battente un secondo ma non sa cosa e come: e allora non trova di meglio che aderire alla tendenza di moda (il romanzo cannibale) e scrive appunto Bastogne, un indigesto combmato (privo della provocazione gioiosa presente in altri romanzi della nouvelle école) di sberleffi, droga e delitti. E siamo al terzo romanzo, questo Tre ragazzi immaginari, dove l'autore cerca di recuperare la sua vocazione neoromantica, cogliendola a uno stato di maturazione più avanzata (e complessa) rispetto al Jack. Il risultato del suo sforzo è interessante ma diseguale. Intanto la struttura è un contenitore - che se non ha nulla a che fare con quelli televisivi, dove entra un po' di tutto - pure è qualcosa che non ha un rapporto di necessità con ciò che contiene. Il contenuto è un ripensamento-rievocazione - appassionato e (qui e lì) straziante - che il protagonista, che oggi ha ventiquattro anni (la stessa dell'autore), dedica agli ultimi anni della sua adolescenza (eccitata e fortunata) prima dell'approdo a una età (quella attuale) più riflessiva e malinconica. Il contenitore è la celebrazione di un Carnevale che invade le strade di Bologna per tre giorni e tre notti durante il quale il protagonista di tanto in tanto cade in deliquio, stancato dall'eccessivo consumo di eccitanti, e sogna il passato dei suoi ultimi anni di liceo, gli amori patiti, i tradimenti consumati, le gratificazioni ricevute. Si tratta dunque di una struttura a flash-back cui in genere si ricorre come soluzione di riserva. Ma dato per accettato il contenitore scelto, vediamo come gli ingredienti si sistemano nel recipiente. Il protagonista, e per lui l'autore, vuole fare il punto della sua vita all'inizio dell'«età adulta»? Benissimo, se pur si tratta di una decisione che meglio si adatta agli aniu della maturità avanzata. Brizzi ha voluto anticipare i tempi anche se la strumentazione stilistica di cui dispone per affrontare il proposito rievocativo (e tirarne le debite conclusioni) è esigua e ha bisogno di essere completata con risorse che non possiede. Infatti se ricorda la leggerezza di Jack Frusciante il capitolo (0 i capitoli) della rievocazione dell'amore del protagonista per Chiara, i suoi trasporti e le timidezze, le sue accensioni e i fallimenti, più opaco e stridulo è il capitolo (0 i capitoli) della conclusione di quell'amore quando il protagonista deve fare i conti con l'amico denominato l'Assiro di cui ha tradito la fiducia. Co¬ sa avviene in cima all'impalcatura «addossata ai cinque piani della facciata di Palazzo Casati» dove il protagonista e l'Assiro salgono a conversare, in realtà a misurarsi nello show down definitivo? Lì finisce la loro amicizia e forse la vita dell'Assiro. Ma quanto più misteriosa e ricca di non detto su cui favoleggiare (e perdersi in sogni invidiosi) la morte dell'amico in Jack Frusciante, che muore per pienezza di vita, tanto piena da non riuscire più a sostenerla! Vi è poi per tutto il racconto il pericolo di uno scadimento linguistico, con il ricorso all'uso da uno slang giovanilistico, convenzionale e ripetitivo, che l'autore nell'opera prima era riuscito a evitare grazie a un approccio meno utilitaristico e scontato al problema della scrittura. Infine i conti finali di questo ripensamento-rievocazione (e cioè le ultime cinquanta pagine del romanzo). E qui l'autore parla un linguaggio preso in prestito ma non sa da chi, certo da un supposto autore (che non esiste) che si trovi nelle sue stesse condizioni, cioè nelle condizioni di chi deve obbligatoriamente essere malinconico e distaccato (e un po' riflessivo) perché il passato che ha appena rievocato è finito e da domani comincia una nuova vita. Così ecco parole più silenziose, lo sbriciolamento del linguaggio verso una incerta paratassi, effetti pause, improvvise accelerazioni e poi nuove sospensioni: il tutto organizzato in vista della costruzione del classico THE END. L'ultimo romanzo di Brizzi è un passo avanti e un passo indietro: un passo avanti rispetto a Bastogne, un passo indietro rispetto a Jack: ma il passo indietro è stato fatto per fare un passo più ampio. Che la prossima volta gli riuscirà. Angelo Guglielmi TRE RAGAZZI IMMAGINARI Enrico Brizzi Baldini & Castoldi pp.187 L. 22.000 II nuovo romanzo è meglio di «Bastogne» ma inferiore a «Jack Frusciante» per stile e struttura

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