E NOI? SIAMO FERMI A PLINIO di Franco Lucentini

E NOI? SIAMO FERMI A PLINIO E NOI? SIAMO FERMI A PLINIO In Italia il disastro non fa romanzo NON c'è probabilmente nessun terrorre millenaristico nessun trend ispirato dall'inconscio collettivo, dietro i tanti film-catastrofe dogli ultimi anni né crediamo che la teoria delle catastrofi elaborata da René Thom sia dilagata dalle cattedre di filosofia fino a contagiare Hollywood. E' semmai il cinema che si difende dalla tv coi mezzi ben piii spettacolari di cui oggi dispone. Tu mi accerchi coi giochini, i concorsi e le storie delle famigliole in crisi (la nonna ha un amante!), e io contrattacco con asteroidi, uragani, valanghe, naufragi, terremoti. Gli scrittori detti «di consumo» sono lì pronti a dare una mano con romanzi «catastrofici» che verranno quanto prima ridotti, o gonfiati, a kolossal di massimo «impatto visivo», che a loro volta stimoleranno altri romanzieri, o gli stessi, a metter su un incendio di Londra, un Vesuvio che esplode, un'Atlantide inghiottita dall'oceano, e cosi via. Niente di più innocuo e di più prevedibile, né di più consono ai grandi spazi americani. Da noi tali impressionanti devastazioni non sembrano alla portata di produttori, registi, autori. Non solo perché hanno costi proibitivi ma anche perché basta molto meno (l'acquazzone Giuseppe) per ridurre la Liguria o l'Umbria, già ampiamente funestate da giunte comunali, architetti, geometri, a luoghi di totale desolazione. Una frana di fango, un torrente che straripa i loro bravi morti li fanno, ma restano a livello di tg regionale, senza grandiosità, senza spessore simbolico. Difficile passare dall'assessore corrotto, dall'appaltatore truffaldino alla retorica dell'Uomo che violenta la Natura e ne viene poi punito mediante un immane Castigo. Nel romanzo di Follett II martello dell'Eden il pericolo arriva da una piccola comune di terroristi ecologici che provocano un paio di modesti terremoti con danni tutto sommato modesti in un paesetto californiano. Noi abbiamo avuto molto di peggio, la mafia, che pochi anni fa si era messa in testa di ottenere non si sa bene quali vantaggi attentando ai capolavori della grande arte italiana. Firenze, Roma, altro che la California. Eppure nessuno tra i nostri scrittori e registi ha avuto la tentazione di raccontare una storia così sensazionale. Lo stesso per il terrorismo, che qui è stato cosa serissima, tragica, una fosca cappa premuta a lungo sull'intera comunità. Ma non ne è uscito nulla di memorabile Giacomo Leopa di nel cinema e nella letteratura. Interessanti testimonianze, ottimi documentari, ma non un libro o un film che prendesse alla gola, che andasse al di là della diligente denuncia. Che cosa ci manca? Si può pensare che si tratti della solita «rimozione» italica: lasciamo perdere quelle brutte cose (poco remunerative, tra l'altro) e occupiamoci della vita, che per fortuna continua fra tinello e cucinino. Ma si potrebbe anche pensare (forse con Leopardi) che il nostro sia un Paese geneticamente catastrofico, spazzato per duemila e passa anni da ogni rovinosissima sorta di terrori, sfracelli, ebollizioni, cataclismi naturali e manufatti. Alla fine uno ci fa, per cosi dire, il callo, fino alla testa, ha ormai nel sangue non tanto magari rassegnazione e cinismo quanto una certa istintiva capacità, necessità, di tirar via, lasciar perdere. Troppe ne abbiamo viste e assorbite per starne a raccontare e fantasticare di nuove, di attuali. Chi abitava in California duemila anni fa, mentre Plinio raccontava la catastrofe di Ercolano e Pompei? Nessuno, nemmeno i pellerossa. Noi ci teniamo un prefetto incompetente, una Protezione civile che arriva un po' tardi, mettiamo in moto tre o quattro inchieste separate di cui tutti si saranno scordati alla prossima catastrofe. Carlo Frutterò Franco Lucentini Giacomo Leopardi

Persone citate: Carlo Frutterò, Follett Ii, Giacomo Leopardi, Leopardi, René Thom