D'Artagnan l'escluso, come Paride e il mago di Oz
D'Artagnan l'escluso, come Paride e il mago di Oz D'Artagnan l'escluso, come Paride e il mago di Oz Kant, nella Critica della ragion pura, dove la tavola dei giudizi si compone di quattro «titoli»; quantità, qualità, relazione e modalità, che è diverso dagli altri e dà loro senso. Dumas come Kant, come Platone (la società è composta di tre classi, l'anima ha tre virtù, ma su tutte regna la «giustizia»), come i teologhi medioevali e i primi legislatori indiani, che divisero la società in tre classi più una, quella degli intoccabili. Come nel giudizio di Paride (un «pastore» che deve scegliere tra Afrodite, Elena e Atena), o come gli antichi Sciti di cui Erodoto ci tramanda i miti basati su un padre e i suoi tre figli. L'elenco si allunga, in questo libro assai affascinante, e arriva, da Goethe a Novalis, fino alle Sorelle Materassi di Palazzeschi, che sono tre con una «quarta esclusa», senza dimenticare i film di Carlos Saura [Anna e i lupi) e Francesco Rosi (Tre fratelli). Non sono citazioni così ovvie, soprattutto per un filosofo tedesco. Ma il professor Brandt co¬ nosce bene l'Italia e Napoli, per via di una moglie in quella città. E di conseguenza anche i film di Rosi, e persino i romanzi di Grazia Deledda, Nobel sardo dimenticato. Ma non è la vasta erudizione quel che colpisce in questo libro (la cui ricchezza sarebbe stata certo più sfruttabile se l'editore avesse fatto seguire un indice dei nomi) quanto l'evidenza del modello, della triade più uno, la quantità degli esempi e delle analisi. Il filosofo riesce a dimostrare in modo esauriente come quel modello, oggi, nel «post-moderno», non funzioni più, sia sostituito da una logica diversa, basata sulla «serie». E nelle ultime pagine lancia un'idea che in qualche modo subito abbandona: la differenza radicale tra la nostra età e altre che ci hanno precedute (Antichità classica, Medioevo, Età Moderna) sembrerebbe confermare proprio lo schema dei tre che sono quattro. Ma certo gli deve sembrare una conclusione troppo «speculativa». Quello schema, spiega, non può essere un passe-partout. Però si può considerare la sua «caduta» come il segno di una svolta «epocale»? y Il professor Brandt un po' si sottrae. «Io mostro - ci dice - una gran quantità di esempi che testimoniano la presenza di questo ordine. Esiste anche un filone "seriale", che anticipa la nostra post-modernità, ad esempio nell'atomismo, da Democrito in poi». Però il modello 1, 2, 3/4 pare largamente maggioritario. «Sì, anche se non voglio fare della nostra cultura una forma storica di platonismo. Va detto che produciamo altre forme di vita e di cultura. La vecchia società tripartita, dove ognuno doveva essere al suo posto ed esercitare le virtù connesse al proprio ruolo, grazie sempre alla garanzia di un quarto elemento, ha fatto anche terribili danni. Non so se sia il caso di sviluppare una forma di nostalgia al proposito. L'oggi, descritto da Epicuro, ha uno schema atomistico: tutti comprendono tutto, ogni cosa è eguale all'altra. Ci si può anche vivere». Senza i tre moschettieri? «Beh, mi sembra indubbio che se la formula sopravvive in Europa, in America non esiste proprio più. L'ultimo esempio che io abbia trovato è II mago di Oz». D'Artagnan ci racconta quindi, insieme a Platone e Kant, una storia che sta finendo? Che non sarà mai più come prima? «Forse sì, ma preferirei non essere profeta. Se poi questo modello è quel si dice un "a priori" non può finire. Ma vorrei essere molto cauto, e non entrare in grandi speculazioni». Lei parla di questo principio d'ordine come di una «scoperta». Da dove è partito? Quali ne sono state le condizioni? «Dallo studio della logica e di Platone. Ma anche attraverso Umberto Eco, che aveva riflettuto sulla figura centrale di D'Artagnan. Quel che non ha trovato, anche perché non era ciò che cercava, è come il romanzo di. Dumas sia lo specchio di uno sviluppo storico culturale proprio attraverso l'idea dei tre-quattro moschettieri», Il modello è stato scoperto da Dumas? «No, da Platone e Goethe. Che ne erano coscienti. Io in¬ cordo spesso in questo libro l'incipit del Timeo: Uno, due, tre, e dov'è caro Timeo il quarto di quelli che ieri invitai a pranzo e che oggi m'invitano?». Già, dov'è D'Artagnan? Se n'è davvero tornato in Guascogna? E perché? «Beh, io non voglio "spiegare". La mia opinione personale è che dovremmo essere platonici. Ma resta un'opinione privata». Mario Baudlno
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