LA SPINA CURDA IN EUROPA di Barbara Spinelli

LA SPINA CURDA IN EUROPA LA SPINA CURDA IN EUROPA tanti cui è capitato di governare. Né serve a riaggiustarla l'irritazione verso l'America, che in queste ore sembra accomunarli e dar loro le ali: l'America che mostra di avere in dispregio i principi dello Stato di diritto, che non capisce il rifiuto del governo italiano di estradare Ocalan, die solo si preoccupa della posizione geo-strategica della Turchia nella Nato. Italiani ed europei protestano non senza ragione contro queste insensibilità, ma da parte loro non hanno che idee sentimentali, dunque irresponsabili, sulla questione curda come su quella turca. L'incongruenza e una certa dose di dilettantismo non sono vizi solo tedeschi. Ci sono impreparazioni e incoerenze anche nella condotta della classe politica italiana, del governo D'Alema. C'è un giusrifìcato rifiuto di consegnare Ocalan in obbedienza a principi giuridici che vietano l'estradizione verso nazioni dove vige la pena di morte, ma c'è anche una volontaria ignoranza della natura radicalmente criminosa del Pkk, dei delitti accumulati da Ocalan, dei sospetti pesanti die gravano sui suoi uomini, sulle sue milizie, sui suoi attentatori kamikaze, sui suoi legami con l'integralismo islamico o con i dispotismi mediorientali. Gli altri movimenti autonomisti che esistono in Turchia conoscono assai bene la pericolosità di un partito che esibisce ancora sui suoi manifesti le immagini di Stalin, di Mao, di Lenin. Non si fidano delle promesse mansuete di Ocalan, e serbano una memoria acuta dei numerosi assassini di dissidenti del Pkk, commessi dal partito marxista su ordine del leader protetto ieri dalla Siria, e oggi dall'Italia. Il Pkk esercita un potere mafioso, spesso omicida, sulle comunità curde di Francia e di Germania. E' responsabile di sangue versato, e di commercio di droga in Europa. Lo stesso Ocalan è sospettato di aver architettato l'assassinio di Olof Palme, nel 1986 in Svezia: i magistrati di Stoccolma vorrebbero peraltro poterlo interrogare, in Italia. Solo le forze politiche italiane sembrano fidarsi di lui, delle sue esibite inedite mitezze. Le nostre sinistre hanno l'impressione di aiutare un movimento di liberazione nel Terzo Mondo, e fra tutti i movimenti curdi hanno scelto il più rumoroso, il più violento, il più stalinista, e il più nocivo alla causa della minoranza perseguitata. Lo hanno scelto in stato di estasi pseudorivoluzionaria, come se non avessero responsabilità governative ma si trovassero ancora all'opposizione, dove tutti i sentimentalismi e permissivismi sono leciti. Difendono lo Stato di diritto ma poi si comportano ideologicamente, da militanti, dimenticando perfino Montesquieu e le regole base della divisione dei poteri: non si possono interpretare altrimenti le pressioni del ministro della Giustizia Diliberto, sulle decisioni dei magistrati a proposito della custodia di Ocalan. Eppure questa potrebbe essere l'occasione per riaprire veramente la questione curda: questione lasciata marcire subito dopo la prima guerra mondiale per colpa delle potenze occidentali, e in partico lare per colpa dell'Inghilterra che promise uno Stato indipendente ai curdi, nel 1920 quando si disfece l'impero ot tornano, per poi tradirli nell'ignominia pur di non perdere il controllo sul petrolio del Kur distan. Questa potrebbe esser l'occasione per discutere con Ankara, per convincerla al ri spetto delle sue minoranze, per riparlare delle condizioni di ingresso in Europa. Ma per poter polemizzare efficacemente con le autorità turche, per ottenere l'abolizione della pena di morte e l'addomesticamento delle arroganze militari, urge anche una condanna inequivocabile del terrorismo Pkk. Non si possono organizzare tavole rotonde amichevolipermissive con esponenti di questo partito, non si può insistere nel preferirlo sistematicamente a tutti gli altri movimenti curdi-democratici, socialisti, avversari di Ocalan e poi meravigliarsi quando esplode il rancore dell'opinione turca, o quando il governo di Ankara si irrigidisce minaccioso. In politica estera non si può avere il gelato caldo: non si può avere la passione bollente delle manifestazioni terzomondiste, e la fredda etica delle responsabilità governative. Il Pkk è oggi assai indebolito dopo anni di guerriglia. Molti curdi lo evitano, e lo temono. Molti curdi fuggono dai villaggi del Sud-Est turco controllati dal partito di Ocalan. Molti autonomisti vedono segretamente di buon occhio l'arresto del capo terrorista, e sperano che l'Europa aiuti a far chiarezza sulle sue malefatte. Di certo sono ostili a una sua estradizione in Turchia, ma è assai probabile che preferiscano un processo e una punizione all'asilo politico auspicato in Italia. E' quello che gli europei stentano a capire e a discutere fra loro, in queste ore di massima tensione con Ankara. E non è casuale che stentino in particolare le sinistre in Italia e in Germania: due nazioni che hanno conosciuto il terrorismo, che ancora faticano a ripensarlo, e che stanno dimostrando di non saperlo sino in fondo rammemorare. Barbara Spinelli