« La Chiesa non è una democrazia»

« La Chiesa non è una democrazia» Il discorso di Giovanni Paolo II chiude le porte alle istanze di rinnovamento che vengono dal basso « La Chiesa non è una democrazia» Monito di Wojtyla ai vescovi austriaci CITTA' DEL VATICANO. «La Chiesa non è una democrazia»; l'espressione biblica «popolo di Dio» serve per legittimare «la richiesta di una democratizzazione della Chiesa». Ma è sbagliato, anzi di più: è un «malinteso pluralismo». Lo ribadisce il Papa una volta ancora, parlando ai vescovi austriaci, per chiudere le porte a tutte le istanze di rinnovamento che vengono dalla «base». La situazione ecclesiale austriaca è particolare: da lì ha preso le mosse due anni fa un movimento denominato «Noi siamo Chiesa». In poche settimane, mentre crescevano gli scandali intraecclesiali, sono state raccolte quasi un milione di firme per chiedere democrazia, dialogo, maggiore spazio per i laici e soprattutto per le donne, che devono accedere al sacerdozio. Dall'Austria «Noi siamo Chiesa» è entrato in Italia, in Germania, negli Stati Uniti e in America Latina. Intanto in Austria il consenso alla Chiesa è calato rapidamente, mentre le accuse di pedofilia provocavano le dimissioni e «l'esilio» dell'allora arcivescovo di Viemia, il cardinale Groer. In 24 mesi migliaia di fedeli si sono «cancellati», il che ha significato una perdita secca in termini di consenso e di finanziamenti, secondo il particolare sistema che vige nei paesi tedeschi, in base al quale i fedeli si iscrivono in speciali liste e si impegnano così a finanziare la loro religione. Per frenare l'emorragia il Papa a giugno ha visitato Vienna e Sankt Polten, dove nel 1991 ha nominato vescovo Kurt Krenn, che ora raccoglie critiche perché considerato molto conservatore. Il Papa, come al solito, ha ottenuto un indubbio successo di immagine, ma a fine ottobre nell'assemblea di tutte le componenti della Chiesa, i laici sono tornati alla carica, chiedendo ai vescovi di portare a Roma le pressanti domande di maggiore democrazia, più dialogo, apertura ai laici e alle donne. E dopo aver ricevuto i singoli vescovi in udienze private, ieri Giovanni Paolo II ha risposto chiuden do tutte le porte, con un discorso dal tono nell'insieme pacato ma che parla alla Chiesa per rivolgersi ai contestatori di tutto il mondo catto lieo. Il dialogo, esordisce il Papa, ha dei limiti: deve partire da un con fronto «sincero e aperto» e da «una piattaforma di convinzioni comuni». Ovvio che la richiesta di democrazia, una diversa struttura della Clùesa e sacerdozio alle donne, non fanno parte della «struttura comune». E c'è un motivo teologico: «il dialogo di salvezza deve svolgersi nella comunione della Chiesa. Senza questa convinzione basilare, si corre il rischio che esso si perda in una superficiale esperienza di con vivialità disimpegnata». Il Papa riconosce ai vescovi, gui dati dal card. Schonborn, argivesco vo di Vienna, la bontà del loro im pegno sul fronte del dialogo. Tutta via essi non devono dimenticare che la Chiesa ha una struttura particolare, agisce seguendo il mistero di Dio, ed appunto per questo non si possono applicare i parametri so ciologici e psicologici che valgono per le realtà umane. Il passo è breve per concludere che «sulla verità ri velata nessuna "base" può decide re» perché «la verità non è il prodot to di una "Chiesa dal basso" ma un dono che viene "dall'alto", da Dio». Il secondo «paletto» che Giovanni Paolo II pianta, riguarda quello che definisce un «malinteso pluralismo», che in Austria ha avuto grande spazio e in virtù del quale «si è pensato di poter individuare la verità rivelata per mezzo della demoscopia e in marnerà democratica». Terzo steccato, conseguenza dei precedenti, tocca il ruolo delle don- ne: «nonostante le rinascenti contestazioni, la Chiesa non ha ottenuto dal Signore l'autorità di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne» e non cede sull'illeceità del divorzio e dell'aborto. Infine, Giovanni Paolo II fa conoscere fino in fondo la domanda che lo agita nell'intimo. La forma interrogativa serve ad attenuare almeno in parte il giudizio, estremamente netto: «Non sarebbe forse un buon segno se nel vostro amato paese si riuscisse a discutere di meno sulla Chiesa e ci si dedicasse invece a meditare di più la Chiesa?». Per il Papa di Roma, la risposta alla crisi viene dalla preghiera, e da un'intensa vita spirituale. Ammette però che i vescovi devono rivolgersi ai sacerdoti «come un padre e un amico» e non come un «capo autoritario». Luca Tornasi •IL PUNTO* Pedofilia. Il cardinale Hans Groer, arcivescovo di Vienna, accusato di molestie sessuali da un ex seminarista, nell'aprile 1995 rinuncia alla presidenza della Conferenza episcopale. Contestazione. Il 20 giugno scorso il Papa viene contestato in Austria con una «nube» di palloncini neri, dalla folla che accusa il vescovo Kurt Krenn di essere un ultraconservatore. Donne. A fine ottobre nell'assemblea di tutte le componenti della Chiesa austriaca, i laici chiedono ai vescovi di portare a Roma le domande di maggior democrazia, di apertura ai laici e alle donne, non in termini di vaghe promesse. «Sulla verità rivelata nessuna base può decidere perché la verità è un dono che viene dall'alto, cioè da Dio» Il cardinale austriaco Hans Hermann Groer Giovanni Paolo Il durante l'udienza generale di mercoledì