Il tricolore eletto a nemico di Domenico Quirico
Il tricolore eletto a nemico Bruciata la bandiera italiana come nel 1911 Il tricolore eletto a nemico ADESSO, finalmente, anche noi italiani siamo diventati il Nemico. Per noi le bandiere sono semplici pezzi di stoffa, li lasciamo intristire alla pioggia e al vento, dobbiamo, per esporle, segnarci il giorno sul calendario, le esibiamo con il pudore che circonda le manifestazioni anche più periferiche del nazionalismo, diamo loro licenza di esistere solo nello spazio artificiale e temporaneo del tifo da stadio. Ma c'è una larga fetta del mondo, quello povero e furibondo, che nella bandiera legge qualcosa di sacro, prova risonanze palpitanti e affannose ogni qual volta la vede, riesce a sentire un soprassalto di orgoglio o un fremito di rabbia. Forse perchè sono i popoli degli emigranti, come i turchi, costretti a vivere sotto altre bandiere, come gli italiani dell'inizio del secolo. O i popoli senza terra, come i kurdi. Per questo se ne servono anche per dare il termometro della loro irritazione: bruciano quelle che considerano Una bandie ostili. A Teheran, in Palestina, a Baghdad, in Afghanistan, in Vietnam la storia di questi ultimi cinquanta anni è fatta di fotogrammi di vessili ridotti in cenere: americani e israeliani soprattutto, più raramente inglesi e francesi. Erano quelli i segni del Grande Satana, gli stendardi dell'Occidente: ricco, ar¬ rogante, tentatore e maligno. Da insultare perchè fa di tutto, malgrado il suo potere, per conservare la finzione della libertà e della eguaglianza degli altri; non tanto per rispettare i loro sentimenti quanto i propri. L'Italia, finora, non c'era. In questi anni i nostri soldati sono andati a Beirut, in Somalia, in Mozambico, nella ex Jugoslavia, in mezzo a guerre della età del bronzo combattute con il kalashnikov. Eppure mai si era visto il tricolore bruciare. Quasi i somali, gli hezbollah, i serbi avessero intuito che noi eravamo lì, a fianco degli inglesi e degli americani, ma con quel tanto di bizantinismo, di sottigliezza, di cinico languore che disinnescava la nostra credibilità di nemici. Ora a Istanbul bruciano le bandiere italiane, come nel 1911 quando le navi di Giolitti e di re Vittorio attaccavano Tripoli ancora turca e arraffavano il bel suol d'amore. Domenico Quirico Una bandiera italiana in fiamme davanti al consolato di Istanbul
Persone citate: Giolitti
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