Parte subito la rappresaglia dei contratti di F. Sq.
Parte subito la rappresaglia dei contratti Dini avverte: i turchi ricordino che noi siamo il quinto Paese nella classifica delle loro esportazioni Parte subito la rappresaglia dei contratti Saltano le commesse affidate alla Olivetti e alla Pirelli ANKARA. «E' chiaro che riesamineremo le nostre relazioni economiche e commerciali con un governo che, dando rifugio ad un assassino, si rende complice dei suoi crimini». Non ò andato per il sottile il ministro della Difesa turco Ismet Sezgin, ma la sua minaccia è partita tardi, visto che gli scambi tra i due Paesi hanno già cominciato a sentire i primi contraccolpi della crisi aperta dall'arrivo a Roma del leader del Pkk Abdullah Ocalan. Istambul ha disdetto alla Pirelli un ordine di fornitura di pneumatici per gli autobus urbani e la Ziraat Bankasi (banca dell'agricoltura), posseduta al 100% dal Tesoro turco, ha cancellato ieri una commessa per 490 fotocopiatrici Olivetti. Ad Ivrea minimizzano: «una commessa di modesta entità», ha detto un portavoce aziendale, «in Turchia abbiamo un'attività contenuta e realizziamo un fatturato di soli 4-5 miliardi». Ma altre aziende italiane sono assai più preoccupate. E' il caso della Merloni, terzo produttore di elettrodomestici in Tur¬ chia, che ha in quel Paese ha un grande stabilimento: «L'ostilità verso l'Italia è aumentata molto - ha detto il presidente del gruppo Vittorio Merloni - speriamo che entro breve si trovi una soluzione politica». Preoccupazione condivisa dalla Barilla, che vicino ad Istanbul ha un pastificio con 200 dipendenti. «Abbiamo avuto notizie di boicottaggio di prodotti a marchio Barilla», ha detto un portavoce dell'azienda, aggiungendo però che «per ora non ci sono problemi con la nostra consociata». Forti preoccupazioni anche per le aziende del Nord-Est, Benetton innanzitutto, davanti ai cui negozi in Turchia ci sono state manifestazioni anti-italiane. La Lerolin di Thiene, produttrice di sedie a sdraio, si è vista annullare le ordinazioni da parte deU'azienda che distribuisce i suoi prodotti in esclusiva in Turchia. La Move Spa di Treviso (mobili), che ha nella Turchia il proprio più importante mercato estero, riferisce che «si sono arenate le contrattazioni». Ed alla Kristal Lux di Padova (arredi da bagno) fanno sapere che «dalla Turchia giungono notizie di un boicottaggio dei prodotti italiani, con il blocco delle merci in dogana». Il «Bollettino di crisi» dell'Associazione nazionale del commercio estero in un comunicato informa che «tutte le associazioni del commercio estero turche e le associazioni imprenditoriali» minacciano «un brusco rallentamento» degli scambi. Ed anche la Fiavet, che riunisce le imprese di viaggi e turismo, teme che «possano innescarsi criticità a catena» che potrebbero coinvolgere i turisti (200 mila italiani in Turchia nei primi nove mesi dell'anno). La Tusiad, associazione degli industriali turchi, ha inviato in Italia il suo vice-presidente, Aldo Kaslowski, un italo-turco a capo di un grande gruppo chimico, che ha incontrato ieri Innocenzo Cipolletta, il direttore generale di Confindustria. Ma l'incontro non ha prodotto alcun accordo: Cipolletta ha sottolineato «con forza la necessità di evitare fermamente ogni commistione fra motivazioni politiche e rapporti economici», ricordando che «le restrizioni all'importazione ed i boicottaggi che si vanno attuando in Turchia sono dichiaratamente illeggittimi per la regolamentazione commerciale internazionale». «Dovete capirci - ha risposto Kaslowski - il problema Ocalan per i turchi è perfino più importante dell'ingresso nell'Unione europea». Secondo lui la situazione «è davvero drammatica (...) il governo turco è in bilico», e se le cose dovessero peggiorare, l'Italia potrebbe giocarsi «migliaia di posti di lavoro». Ma il ministro degli Esteri Lamberto Dini ha risposto a muso duro: «Anche noi, come gli imprenditori, siamo preoccupati per la reazione da parte delle autorità turche. Essa è assolutamente irragionevole e irresponsabile. I turchi si devono ricordare che se loro sono il 14° partner commerciale dell'Italia, noi siamo il loro quinto Paese di esportazione». A buon intenditor... [f. sq.]
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