Il giorno della festa curda di Enrico Singer

Il giorno della festa curda Il giorno della festa curda «Apo è libero, grazie cara Italia» ROMA. Tanti carabinieri, tanta polizia, tanti uomini dei Nocs, tanti cameramen e giornalisti a Palestrina non li avevano mai visti. Proprio nella strada che porta su alla rocca, tra la fermata dell'autobus che va a Roma, 35 chilometri più a Nord, e l'ingresso dell'ospedale civico. Una palazzina color giallo ocra al fondo di un vialetto alberato che, adesso, è trasformato in un invalicabile checkpoint. Perché qui, al primo piano, in ima stanza del reparto chirurgia c'è Abdullah Ocalan che da un momento all'altro potrebbe uscire. La gente scruta, 0 traffico rallenta. Ogni movimento scatena ipotesi: l'arrivo di rinforzi, gli spostamenti delle guardie del corpo di Apo, la comparsa di una delegazione di tre esponenti del Pkk. Ma in questa cittadina della campagna romana la notte cala senza quella notizia che tanti aspettavano. La prima giornata di quasi-libertà per Abdullah Ocalan è passata così: in attesa del momento più sicuro per lasciare l'ospedale in cui, per otto giorni, è rimasto in stato di arresto. Una giornata lunga. Cominciata a mezzogiorno. «C'è una buona notizia. E la voglio dare subito: i giudici italiani hanno revocato gli arresti per il nostro presidente Apo». Ahmed Dianan, portavoce dell'Emk - il Fronte di liberazione nazionale del Kurdistan - è davvero emozionato quando prende il microfono sul palco in piazza Celimontana e urla questa frase. Al suo fianco c'è l'avvocato Luigi Saraceni che spiega il provvedimento della Corte d'Appello: le sue parole vengono tradotte e il popolo del piccolo Kurdistan del Celio esplode un applauso che sembra un boato. Parte uno slogan: «Viva Italia, viva Italia». La gente si abbraccia, ride. Qualcuno, anche, piange. Dopo tanti giorni passati tra proteste e speranze, è il momento della prima vittoria. In piazza non sono rimasti più di tre, quattrocento curdi. Le altre migliaia hanno lasciato Roma tra martedì e mercoledì per tornare in Germania, in Svizzera, in Francia. Al lavoro. Quelli che adesso ballano, cantano e sorridono ai carabinieri e agli agenti di polizia sono gli irriducibili, i militanti più fedeli del Pkk. A loro si rivolge Ocalan con un messaggio di dieci righe che Ahmed Dianan legge non appena è tornata un po' di calma. Apo invita anche questi ultimi «arkadaf» - i compagni - a tornare a casa «da dove potrete continuare l'impegno per la causa curda». E, soprattutto, ribadisce che non vuole «altri gesti suicidi». Il protavoce scandisce le parole di Apo: «La questione curda è centrale per la pace in Medio Oriente. Per questo ho voluto imprimere un grande slancio agli sforzi per una soluzione politica». Il leader del Pkk continua a mostrare il ramoscello d'ulivo. Il suo messaggio si chiude con queste parole: «Non si deve compiere alcun atto che possa mettere in cattiva luce il nostro popolo». La gente applaude. Ma l'appello per abbandonare il piccolo Kurdistan accampa¬ to sul Celio, viene accolto con una riserva. «Non ce ne andremo finché non ci sarà la decisione sull'asilo politico», dice uno degli esponenti del Pkk. Tutti gli altri sono d'accordo. Resteranno. Anche con la speranza di poter festeggiare Apo quando lascerà l'ospedale di Palestrina e, forse, potrà parlare agli «arkadaf». In piazza Celimontana s'intrecciano le ipotesi più fantastiche: c'è anche chi spera che Apo si presenterà proprio qui, domani, al concerto di solidarietà che già stanno organizzando i giovani dei centri sociali. In piazza arrivano anche due leader politici italiani. Prima il verde Luigi Manconi, poi Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione comunista. Manconi dice che la presenza di Ocalan non è «una grana per l'Italia, ma un'opportunità di battersi perché possa essere avviata a soluzione la crisi curda». Bertinotti, accolto al coro di «Bella ciao», commenta la decisione dei giudici: «Un passo avanti significativo, una sensibilità che mi sento di apprezzare». I curdi, in piazza applaudono e chiedono notizie: «Che succederà adesso?, Dove andrà il presidente Apo?». Ma sui movi¬ menti di Abdullah Ocalan il segreto è assoluto. Quello che è certo è che gli esponenti del Pkk, i due avvocati di Apo, Luigi Saraceni e Giuliano Pisapia, e la Digos stanno trattando sul luogo in cui il capo curdo si trasferirà dall'ospedale di Palestrina. «Ocalan lascerà l'ospedale non appena le sue condizioni di salute lo consentiranno», dice un rappresentante del Pkk. Ma dietro questa diplomatica versione, c'è la difficoltà di trovare un'intesa sulla casa romana che ospiterà Apo in «obbligo di dimora», come hanno stabilito i giudici. Ieri, in realtà, i curdi un indirizzo lo avevano proposto: un appartamento di uno dei quartieri dietro la stazione Termini, a quanto pare. Ma la polizia italiana avrebbe opposto dubbi. E' evidente che Ocalan dovrà essere sorvegliato. Più che controllato, dovrà essere protetto e il luogo che lo ospiterà va scelto con cura. Così come il momento opportuno per uscire dall'ospedale di Palestrina. All'alba, probabilmente. Almeno così dicevano i curdi ieri notte. Enrico Singer A Palestrina assedio all'ospedale ma c'è mistero assoluto sul momento in cui il leader del Pkk raggiungerà il suo nuovo rifugio ti segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti ha salutato ieri la manifestazione dei curdi