«Mitterrand disonesto» di Enrico Benedetto
«Mitterrand disonesto» Sul caso Dumas «Mitterrand disonesto» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Francois Mitterrand era disonesto, maneggione e intrallazzatore. Parola di primo ministro. In una lunga intervista su «La revue du droit public» che il settimanale «Le Point» anticiperà stamane, Michel Rocard vuota il sacco. «Il mio problema n. 1 a Matignon era difendere la Francia dall'Eliseo» dice. Il Presidente e il suo entourage, afferma, seguivano «principi politici e finanziari» dubbi, anzi negativi. Sulle nomine, in particolare, Rocard ci descrive un Mitterrand nepotista e con un debole per il «copinage», ossia l'inciucio. «Era mio preciso dovere» spiega «preservare la funzione pubblica» - cioè i mitici grand commis - «contro simili interferenze». Quanto a Roland Dumas, il fedelissimo mitterrandiano cui l'Eliseo assegnò ii Quai d'Orsay, Rocard mise in guardia il suo «patron» denunciandone l'affarismo. «E' davvero persuaso, monsieur le Président, che un uomo si discusso possa esserci utile»? chiese. Mitterrand lo mandò a stendere. Ma dandogli rigorosamente del Lei, giacché tra i due uomini una ruggine antica impediva la menoma simpatia. Confida Rocard: «Le nostre relazioni erano pessime». Su Dumas, la storia gli concede una rivincila postuma. L'ultrasettantenne ex ministro, che oggi presiede la Corte costituzionale, è nell'epicentro dello scandalo Elf: petrolio, amori, bustarelle. Già incriminato, non intende tuttavia dimettersi, invocando il garantismo. Morale, la massima istanza giuridica transalpina ò in panne per una storia rocambolesca. Quelle che i francesi chiamano «all'italiana». E non è un complimento. Ma il «l'accuse» rocardiano non brilla per eleganza e ancor meno coraggio. Parlare adesso è facile. Occorreva semmai assumersene la responsabilità prima, quando il «sistema Mitterrand» era legge. Si guardò bene dal farlo, Michel Rocard. Avranno in somma buon gioco, i mitterrandisti, (tra cui spicca Jack Lang) a denunciare un attacco malevolo, senz'altro movente che la frustrazione personale. E tuttavia Rocard non dice il falso. Mitterrand fu un insuperabile esteta del potere. In compenso, non aveva grande propensione per l'etica. Lo dimostra il suo tortuoso percorso politico ove talento e spregiudicatezza, inseparabili, non lasciarono pressoché spazio alla morale pubblica. Jospin testimonia la rottura per eccellenza con quel metodo. E deve in larga misura alla sua immagine di onest'uomo le sue fortune elettorali. La più significativa rottura con il mitterrandismo l'ha consumata proprio sul «metodo» - cui la cartesiana Francia è sensibilissima - abbandonando la grandeur imperiale (da basso impero, per i critici) che Mitterrand incarnò. Ma Rocard non gli rende omaggio. Donde il sospetto che la vera colpa di Francois Mitterrand non fossero le corruttele ma l'antirocardismo. Enrico Benedetto
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