INTELLETTUALI Vil razza dannata

INTELLETTUALI Vil razza dannata E' vero o no che gli uomini di cultura italiani, di destra o di sinistra, hanno l'abitudine di cambiar bandiera? DN'OPERAZIONE di rara violenza politica ha abbattuto il governo Prodi. Succede...» si legge nell'editoriale non firmato sulla rivista Il Mulino che sarà in edicola nei primi giorni di dicembre. Ma succede anche che il tutto venga accolto «da una singolare acquiescenza, da un ammutolimento generale». L'accusa va dritta alla cultura italiana che in larga maggioranza era schierata a fianco di Prodi e dell'Ulivo: ammutolimento, silenzio, acquiescenza. Nel lessico del centro-destra si direbbe «tradimento». E in un lessico che di quest'area fa parte, con toni felpati e sarcastici, qualcosa di simile ha scritto Giuliano Ferrara sul Messaggero di domenica scorsa, irridendo agli «Umberto Eco, le Carmen Lasorella, i Lamberto Sposini e altri intellettuali di sinistra che presiedettero alla famosa Convenzione per l'Ulivo», ora tutti «zitti e mosca: tutti pronti a saggiare i muscoli del nuovo Principe e a degustare il sapore dei nuovi inciuci». Se II Mulino, rivista che esprime una cultura contigua all'esperienza che ha portato Prodi alla testa dell'Ulivo, sottolinea sempre nell'editoriale che a quel tentativo ha «guardato con simpatia, e nello stesso tempo con distanza critica», schierandosi «dalla parte della democrazia competitiva e contro il trasformismo», sul versante opposto Ferrara non fa esercizi di equidistanza. Anzi: «Erano opportunisti allora, lo sono anche oggi - ci dice -. Hanno fatto finta di credere nell'Ulivo, che aveva basi molto fragili». La Convenzione per l'Ulivo, nel borgo di Gargonza dove sfilò l'intelligenza di centro-sinistra, da Eco a Baricco, da Tornatore a Colombo, con il celebre dopocena del sabato «quando una gran parte dei presenti si sono ritrovati a cantare, sotto la direzione di un Eco particolarmente in forma, canzoni di montagna, canti partigiani, cori di oratorio, canti scout» (come raccontò Gianni Vattimo sulla Stampa) è davvero un ricordo da archiviare sotto una coltre di silenzio? Ferrara ne è ovviamente certo. Anche se pure nel suo campo, fra gli intellettuali di centro-destra, non mancano storie analoghe. C'è stato il seminario di Alleanza nazionale a San Martino di Cimino (giugno '96) sui monti del Viterbese, quando i «professori» liberali andarono a far lezione all'ex «destra sociale». E c'è stata un anno dopo quello sul Sacro Monte Calvario a Domodossola. I convenuti del '97, da Cardini a Baget Bozzo, sono ancora idealmente tutti là. Ma i «professori», la cui elezione nel Polo tra le file di Forza Italia fu salutata come un evento da una parte, e un «tradimento» dall'altra, danno segni di grande inquietudine. C'è chi come Saverio Vertone ha lasciato il Polo, ha avuto simpatia per Cossiga e poi se n'è allontanato. C'è chi come Giorgio Rebuffa ha fatto le valigie per evitare un «processo» dai probiviri, e chi come Lucio Colletti è andato insieme ai radicale Marco Taradash e Giuseppe Calderisi a parlare con Massimo D'Alema. Era un problema «d'asfissia» nel clima irrespirabile di un Polo che al «professore» sembra tutto fuorché liberale, o come hanno suggerito gli stati maggiori un abboccamento per offrire eventuali soccorsi al nuovo Principe? A sinistra come a destra gli intellettuali (che nel secondo caso hanno in parte proprio un'origine di sinistra) sembrano ancora una volta coinvolti da un vento d'inquietudine, come fosse suonata l'ora di un nuovo rimescolamento di carte, di una nuova migrazione. Nel '96 Roberto Morrione, allora portavoce dell'Ulivo, sceglieva una metafora avventurosa: «Ho accettato l'avventura deU'Ulivo con lo stesso spirito dello sceicco interpretato da Quinn in Lawrence d'Arabia: l'ho fatto soprattutto per mio piacere. Poi chissà, magari verranno altri mari da navigare, o tornerò alla Rai». E' tornato, dirige Rai In- ternational. Non è più tempo d'avventure. Ma Ferrara, dal suo punto di osservazione, non è disposto a mettere i due ((poh» sullo stesso piano: «La destra va dal circolo di Vienna all'impresa di Fiume, l'intellettuale di destra non esiste. Se devo scegliere tra l'iracondia di Vertone o la disperata mobilità di un Colletti contro la calma e composta capacità opportunistica di Eco, credo che diano migliore spettacolo i professori di destra». C'è in questo anche un po' di compiacimento «vendicativo»: l'autore del Nome della Rosa era stato, proprio a Gargonza, l'autore di una battuta fulminante sui «maoisti di destra» come «Colletti, Ferrara, Melograni, Brandirali, Vertone, Liguori». Ora il «vecchio comunista» salda il conto. Ma quando parla di silenzio si trova in compagnia, Non solo del «Mulino». Anche Alfonso Berardinelli, nel suo recentissimo Autoritratto italiano appena pubblicato da Donzelli, esercita da «cattivista di sinistra» piuttosto irriducibile una adeguata forma di sarcasmo. L'Autoritratto italiano è una sorta di antologia: da Ceronetti e Chiaromonte, da Gadda a Garboli, da Galli della Loggia a Giulio Bollati, raccoglie una serie di interventi saggistici sugli italiani. Nella prefazione Berardinelli scrive, a proposito del passaggio aalla prima alla seconda Repubblica e della «rivoluzione dei giudici», che «U solo vero evento è che nulla davvero accade... Sulle ceneri di un regime ne nasce un altro diverso e eguale». Finendo col parlare diffusamente, e dandogli un'implicita centralità, proprio dell'unico saggio non proprio italiano, quelli di Garboli sul Tartufo di Molière, l'archetipo dell'ipocrita e dell'impostore, figura che da noi, secondo Garboli, «si è impadronita dell'universo culturale e lo amministra». «Quando ho scritto la mia introduzione era agosto, e pensavo, sbagliandomi, che Prodi potesse durare - confessa Berardinelli -. Anzi, era il mio auspicio». E ora? «Siamo sempre lì. All'intellettuale tartufo, che non è traditore, perché il termine tradimento implica una vera e propria fedeltà. Così come gli italiani dicono le bugie senza accorgersene, i nostri intellettuali tradiscono senza accorger¬ sene. Per loro "non fa problema"». Giudizio severissimo e senza appello, a destra e a sinistra. Ma ne siamo sicuri? 0 non potrebbe forse una logica dell'appartenenza, per cui ad esempio nel caso dell'Ulivo e della sua fine all'insegna della realpolitik, il silenzio rivelerebbe non tanto una forma di «tartufismo» quando il desiderio di non parlare comunque contro il proprio schieramento ideale, di non abbracciare implicitamente le ragioni degli avversari, di non usare gli stessi argomenti della «destra»? Insomma, sceicchi o tartufi? Gianni Vattimo, se deve cercare una spiegazione a questo «silenzio», non può non notare che, in fondo, «era già cominciato prima», «Ma forse - aggiunge - è solo senso di responsabilità. Credo che questo sia il motivo per cui molti di noi hanno taciuto». 0 forse disillusione, dice Omar Calabrese, che di Gargonza fu organizzatore, consigliere di Prodi, poi «uscito» dalla politica attiva per tornare all'Università. «L'ho scritto un anno fa, quando sono uscito dalla politica, che l'Ulivo era morto. La delusione degli intellettuali non è di ieri, è precedente, e comunque da Gargonza non mi risulta che nessuno sia andato "a corte"». Accusarli di tradimento o di colpevole silenzio «è assolutamente falso». Non «vii razza dannata», ma proprio «ritorno all'onore»: «Tutte le ultime vicende invitano a prender sempre meno parte al teatrino della politica». Calabrese non firmerà, perché «uscito dalla politica» l'appello di Micromega in nome dell'Ulivo, che invece, ad esempio, ha raccolto l'adesione di Gianni Vattimo. Ma, ribadisce, «attaccare gli intellettuali oggi è ingeneroso e pretestuoso. Se i politici professionisti sono così bravi, come dice D'Alema, accettino che la gente taccia per poi, naturalmente, votare quando sarà l'ora». Mario Baudino Giuliano Ferrara accusa gli intellettuali dell'Ulivo di aver abbandonato Prodi. In alto Lucio Colletti Ferrara accusa: «Eco, lasorella, Sposini hanno fatto finta di credere nell'Ulivo. Ma sulla caduta di Prodi tacciono. Erano opportunisti allora, lo sono anche oggi» INTELLETTUALI Vil razza dannata Berardinelli: «Non sono traditori perché il tradimento implica una vera fedeltà, Il loro vizio è piuttosto il tartufismo». lasorella, Sposini redere nell'Ulivo. i tacciono. Erano sono anche oggi» 7 INTELLETTUALI Vil razza dannata

Luoghi citati: Domodossola, Ferrara, Fiume, Vienna