«Rottamare non basta»

«Rottamare non basta» Quattrin: «Per investire e assumere l'elettronica ha bisogno di certezze e deregolamentazione» «Rottamare non basta» L'Ibm: lo sviluppo vuole flessibilità TORINO. «Quello che serve non è tanto la rottamazione dei computer, benché ci faccia piacere: il problema del settore è la mancanza di un piano integrato a livello nazionale, che offra una maggiore flessibilità del lavoro, dia fiducia agli imprenditori e li incoraggi a investire». Davanti ai titoli dei giornali che annunciano i piani del governo per rottamare i vecchi computer ma anche frigoriferi, tostapane e televisori - Tomaso Quattrin, amministratore delegato di Ibm Italia, invita gli uomini di D'Alema a fare un passo in avanti, a guardare lontano, per curare l'economia in modo strutturale e non solo con interventi che durino lo spazio di una stagione. «Siamo un'impresa globale presente in tutto il mondo dice - e non abbiamo bisogno di incentivi. Per l'Italia è invece una mossa utile, serve a promuovere l'occupazione soprattutto al Sud. E, tuttavia, bisogna capire che gli interventi indifferenziati, a pioggia, come l'incentivo monetario che fa incassare soldi alle imprese e finisce lì, non cambiano la situazione». Che obiettivi dovrebbe proporsi invece un piano nazionale per l'elettronica? «Guardiamo agli Stati Uniti: lì il vicepresidente Al Gore da anni è investito del compito di progettare lo sviluppo delle cosiddette Tecnologie dell'informazione. E la somma degli investimenti annui, pubblici e privati, sfiora in America i 900 dollari prò capite. In Europa siamo alla metà, in Italia a un quarto. Per in nostro Paese il treno dell'hardware, cioè degli elaboratori, è ormai perduto. Ma nel software, nei programmi, possiamo ancora farci valere». Come, per esempio? «Un'iniziativa eccellente sarebbe estendere a tutta Italia l'esempio di Torino dove sono stati resi disponibili ai cittadini i servizi pubblici in Internet, dalla sanità al ca- tasto. Progetti per realizzare reti analoghe darebbero fiducia agli imprenditori del settore e li incoraggerebbero a investire di più. Questo vale soprattutto per i piccoli e i medi, che più hanno bisogno di certezze. Un'altra idea sarebbe promuovere con l'informatica la fruizione organizzata dei beni culturali: noi in Ibm già facciamo questo tipo di marketing - Quattrin era ospite proprio ieri al Lingotto del Salone dei Beni culturali, ndr -. Facendo lo stesso su più larga scala si potrebbe avviare un circolo virtuoso che darebbe affari e lavoro a moltissima gente». C'è anche un problema di formazione? «Meno di quanto si creda. In Italia gli stabilimenti Ibm sono di prima classe e non hanno mai avuto problemi a trovare il personale necessario. Ma purtroppo alcuni nostri investimenti sono stati dirottati verso l'Irlanda, l'Ungheria, la Francia, perché lì c'erano le condizioni per avere ritorni più rapidi». Allora è una questione di costo del lavoro? «Solo in parte. C'è il problema della poca flessibilità e l'ulteriore minaccia delle 35 ore per legge. Ma in generale, la questione grave è che in Italia le leggi sono troppe, tutto è troppo regolamentato, per avere una semplice autorizzazione passano anni. E' la mancanza di velocità e di certezza che spinge ad andare all'estero». La deregolamentazione non ha i suoi costi sociali? «Non voglio certo fare un discorso estremista. Ma non mi si venga a dire che avere un po' più di flessibilità o rinunciare al progetto delle 35 ore ci porterebbe a uno sfruttamento capitalista forsennato». Ma i conti di Ibm come hanno retto all'impatto della crisi mondiale? «Siamo un'impresa globalizzata che è in grado di bilanciare la stasi di un mercato con la crescita di un altro. In questo momento il Far East non dà soddisfazioni, gli Usa e l'Europa sì e nel complesso continuiamo a fare utili». E in Italia puntate a espandervi in campi affini, come la telefonia? «No, crediamo che ognuno debba concentrarsi su quello che sa fare bene. Il nostro "core business" è l'elettronica, per quanto in senso allargato: un terzo del fatturato Ibm viene ora dai servizi, la quota sale al 60 per cento se si inglobano tutte le attività di software e all'hardware a cui di solito si associa la nostra immagine resta solo il 40%. Il business della voce non è il nostro: non puntiamo a far concorrenza ai nostri clienti, vogliamo vederli prosperare sostenuti da noi. Perciò abbiamo siglato un grosso accordo con France Télécom e uno con Cable & Wireless per gestire gli aspetti informatici della telefonia. Poi ci interessa la trasformazione in atto dei telefonini in computer. Ma sempre restando nel nostro settore». Come vede il rìschio di blocco dei computer il 1° gennaio 2000? «E' un problema vero, ma non vedo rischi di catastrofe: si può risolvere, dipende solo dalla consapevolezza delle aziende e dalla loro sollecitudine a muoversi». Ma lei sarebbe sicuro se fosse in aereo alla mezzanotte del 31 dicembre 1999? «Mi sentirei tranquillo in aereo quelle notte con certe compagnie e su certe rotte. Meno tranquillo con altre». Luigi Grassia «Rifiutare le 35 ore non ci porterebbe al super sfruttamento» r ..•.'.'••... LIBIVI IN PILLOLE §l| [Dati '97 eccetto •il . dove indicato] FATTURATO HARDWARE NEL MONDO FATTURATO SOFTWARE MONDIALE FATTURATO SERVIZI INFORMATICI FATTURATO LOCAZIONE E FINANZA - FATTURATO COMPLESSIVO DIPENDENTI (164 PAESI) UTILE NETTO RENDIMENTO DEL CAPITALE 4/93-12/97 RENDIMENTO PER AZIONE ACQUISIZIONI DAL 1995 SESTA; 36.2 IIBIB^ i2,8 |iiiiffii'>i}|>jiy]'^M 19.3 iil^fi|>|l^3aT'i]IB 3,7 KMg23i9iSS5i3 72.5j|||^^ 269.465 1 6,1 b 343% H 12% 45 Dì "FORTUNE" RISULTATI SECONDO TRIMESTRE 1998 PROFITTI UTILE PER AZIONE FATTURATO FATTURATO SERVIZI UTILI OPERATIVI MILIARDI DI DOLLARI DOLLARI MILIARDI DI DOLLARI MILIARDI DI DOLLARI MILIARDI DI DOLLARI -0.3% + 22% -4,1% Tomaso Quattrin, amministratore delegato di Ibm Italia

Persone citate: Al Gore, Cable, D'alema, Luigi Grassia, Quattrin, Tomaso Quattrin