Giù i tassi, fiammata a Wall Street di Ugo Bertone

Giù i tassi, fiammata a Wall Street Dal governatore Greenspan un altro segnale sulla via della ripresa, ottimismo degli analisti Giù i tassi, fiammata a Wall Street Ma Moody 's declassa i débiti di Tokyo MILANO. La notizia più attesa piove sui mercati alle otto e un quarto di sera, ora italiana. Alan Greenspan, presidente della Fed, è stato di parola: i tassi americani scendono di un quarto di punto (è la terza volta di l'ila che si registra una riduzione dello 0,25%) al 4,50%. Wall Street, fino a quel momento contratta e timorosa come un felino in agguato, ha subito reagito: nella prima mezz'ora si è passati da -28 a + 32 punti in un crescendo di scambi e di manovre, mentre il rendimento dei Tbond si è aggirato attorno al 7%, un livello sufficiente ad attrarre (o non far uscire) capitali in Usa. Alla fine, in verità, la Borsa di New York si è fatta più riflessiva e ha chiuso in lieve calo (-0,29%). Ma a dare il tono alla giornata è stato il segnale eloquente dei « 12 apostoli», ovvero i membri dell'Open committee guidato da Greenspan. Il verdetto della più potente banca centrale del mondo assume un sapore particolare: la recessione, come aveva sottolineato poche ore prima il rapporto dell'Ocse, spaventa meno di due mesi fa. Da Parigi, sede dell'organizzazione, è però arrivata un'indicazione ben precisa: Usa ed Europa devono abbassare i tassi. Il rischio, insomma, ò tutt'altro che scongiurato, anche perché, al di là di qualche operazione cosmetica, la terapia per il Giappone in crisi è ancora sulla carta, soprattutto (ma non solo) per quanto riguarda il risanamento del sistema bancario. Non a caso il comunicato della Fed motiva la sua decisione con la situazione dei mercati finanziari: «Sebbene le condizioni - si legge - siano tornate alla calma dalla metà di ottobre, restano ancora insolite tensioni... Con una riduzione di 75 punti base dallo scorso settembre le condizioni finanziarie possono ora permettere una sostenuta espansione economica a fronte di pressioni inflattive ancora sotto controllo». Il tasso di sconto è oggi ai livelli del 1994, prima della stretta decisa da Greenspan per spegnere le tensioni sui prezzi che si andavano allora manifestando nell'economia Usa. La situazioneoggi è ben diversa perché, al di là dell'ottimismo (eccessivo) che si respira sui mercati finanziari, l'allarme recessione in arrivo dall'Oriente è ancora in funzione. Qualche ora prima della decisione di Washington, infatti, la seconda potenza finanziaria mondiale, il Giappone, aveva dovuto subire una sorta di Pearl Harbour, umiliante, seppur attesa: la potente agenzia di rating Moody's aveva comunicato al colosso giapponese la decisione di di retrocedere la pagella del Sol Levante da una tripla AAA, il massimo dei voti, a un piìi modesto AA1. E' la prima volta nella storia che il debito pubblico di Tokyo subisce una retrocessione, e lo schiaffo brucia ancor di più perché cade a 24 ore dall'annuncio del piano governativo per la ripresa della seconda economia del pianeta. Pallido, teso sotto la solita maschera imperturbabile, l'intramontabile ministro delle Finaze, Riutaro Miyazawa (una sorta di Andreotti locale, sulla scena politica dal 1950) ha nascosto il suo fastidio dietro il più classico dei «no comment». Poi, però, ha aggiunto: «i nostri titob di Stato restano i più sicuri del mondo...». Vero, ma la terapia annunciata lunedì da Tokyo, assieme al piano di risanamento delle banche e alla finanziaria, non convincono gli Usa: troppi an- nunci a consumo della stampa occidentale, molta pubblicità ma, per ora, pochi fatti concreti. Qualcosa si capirà, probabilmente, solo da giovedì pomeriggio qaundo a Tokyo arriverà per una visita lampo lo stesso Bill Clinton. La parola, in attesa che si esauriscano le preoccupazioni sul Pacifico, passa così all'Europa. Ieri i listini del vecchio Continente, Piazza Affari compresa (-0,40%), hanno vissuto una giornata d'attesa in attesa di lumi da Washington. Eppure il messaggio dell'Ocse è preciso: gli Stati Uniti rallentano, la Gran Bretagna sta scivolando verso la stagnazione, se non la recessione. L'unica possibile locomotiva dell'economia globale sembra essere proprio l'Europa degli undici che, nonostante segnali di rallentamento, viaggia attorno al 2,5%. Agli americani, a questo punto, piacerebbe che la Banca centrale europea esor¬ disse con tassi più bassi del previsto 3,3%. Ma non si fanno illusioni, consolandosi con una stella made in Germany che da ieri brilla a Manhattan: è la Daimler, da 24 ore quotata sotto il marchio Chrysler-Daimler a Wall Street. Ugo Bertone I saggi di interesse scesi dello 0,25% E' la terza volta in soli due mesi che la Fed si muove Il presidente della Federai Reserve Alan Greenspan Un momento degli scambi a Wall Street

Persone citate: Alan Greenspan, Andreotti, Bill Clinton, Greenspan, Miyazawa, Moody