«La Cupola uccise francese»

«La Cupola uccise francese» Palermo, il giornalista fu assassinato nel 79 per l'impegno antimafia «La Cupola uccise francese» Da Riina a Provenzano, boss a giudizio PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il gip Gioacchino Scaduto ha disposto il rinvio a giudizio della «Cupola» mafiosa per l'uccisione del giornalista Mario Francese, cronista giudiziario del «Giornale di Sicilia», avvenuto il 26 gennaio '79. Rinviati a giudizio Totò Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca, Matteo Motisi, Giuseppe Farinella, Francesco Madonia, Nenè Geraci, Michele Greco. Il gip ha invece respinto la richiesta di custodia cautelare per Leoluca Bagarella e Giuseppe Madonia, per l'accusa presunti esecutori materiali del delitto. Secondo la procura Francese è stato assassinato per il suo impegno professionale, la sua coscienza civile, la sua interpretazione assolutamente libera da compromessi di un mestiere che lo portava a contrapporsi, con i suoi articoli di forte denuncia, a Cosa Nostra. Numerose testimonianze di pentiti indicano negli interessi mafiosi che ruotavano attorno alla diga Garcia e nell'omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, secondo ipotesi investigative strettamente connesse, il movente più probabile del delitto. Ma il suo omicidio è stato inserito dai magistrati della Procura all'interno di un contesto di «segnali intimidatori» lanciati dai mafiosi al Giornale di Sicilia, alla vigilia della guerra di mafia tra i corleonesi di Riina e i palermitani di Bontade, Badalamenti ed Inzerillo: l'incendio dell'auto del direttore dell'epoca, Lino Rizzi, e della casa estiva del capocronista Lucio Galluzzo. I giudici «leggono» questi segnali, culminati nell'omicidio Francese, all'interno della «mutata strategia» di Cosa Nostra, non più egemonizzata dai «palermitani», «ben introdotti - scrive il gip - ed in rapporti di frequentazione se non di amicizia con esponenti della classe dirigente cittadina, con cui avevano intrattenuto rapporti di affari e di reciproca tolleranza». Tra questi, secondo le dichiarazioni di pentiti e testimoni, anche alcuni dirigenti del Giornale di Sicilia. Nella ricostruzione del contesto in cui è maturato il delitto, compiuta attraverso le testimonianze di collaboratori e di colleghi giornalisti, i magistrati sottolineano l'esistenza, in quel periodo, di una «forse non programmata e non prevista crescita culturale del giornale sul tema mafia». Ripercorrendo le decisioni editoriali che indussero i proprietari della testata a chiamare direttori - prima Rizzi e poi Fausto De Luca - «provenienti da fuori ed estranei all'ambiente», promotori «di una linea di maggiore presenza e rigore in tema di mafia» i magistrati ipotizzano che la scelta possa essere stata, in qualche modo, «strategica», legata a logiche di «vicinanza» al gruppo mafioso dei Bontade che si contrapponeva a quello in ascesa dei corleonesi. Considerazione che il gip poggia sulle capacità di penetrazione dimostrata da Cosa nostra all'interno della testata, ed anche sul presunto «disinteresse» manifestato, in quel periodo, per gli eventi dell'azienda editoriale da Federico Ardizzone, proprietario (oggi defunto) del quotidiano, «di cui - scrive il gip - sono emersi legami con Michele Greco e Stefano Bontade». Secondo il pentito Angelo Siino, che cita come sua fonte il boss Stefano Bontade, la mafia aveva tentato di intimidire Francese, «facendogli arrivare un certo discorso» attraverso gli editori Pini ed Ardizzone. La risposta fu inequivocabile: «Disse Bontade, quasi testualmente - riferisce Siino - che non era possibile parlargli». La direzione del Giornale di Sicilia, in un fondo pubblicato oggi, scrive: «Questo giornale proprio sull'esempio di Mario Francese, proseguirà nell'impegno a cercare la verità, tutte le verità anche le più spiacevoli... Lo facciamo anche oggi riferendo di alcune ombre che dichiaranti o anche giornalisti, notoriamente maldisposti nei nostri confronti, hanno voluto sollevare sulla nostra storia». «Conta oggi il dato che sul nostro Mario Francese e sulla sua morte si cominci a sapere quanto finora non si sapeva», [a. r.] Il giornalista Mario Francese ri i di fi i i

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