D'Alema: «Cara Turchia, non ve lo diamo» di Maurizio Molinari
D'Alema: «Cara Turchia, non ve lo diamo» «Solidali con gli oppressi ma anche amici di Ankara. Non diverremo un santuario terrorista» D'Alema: «Cara Turchia, non ve lo diamo» «Una chance per la questione curda» ROMA. Il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, ha disegnato a Montecitorio la strategia del governo sul caso Ocalan. Tre le priorità: rispettare pari «solidarietà per i curdi» e «amicizia per la Turchia»; sfruttare la dichiarazione del leader del Pkk di rinuncia del terrorismo «alla base della richiesta di asilo» come «finestra di opportunità» per una soluzione politica della questione curda; evitare che il nostro Paese si trasformi in una «centrale del terrorismo». L'Italia insomma è «pronta a fare la sua parte» per risolvere il caso e guarda oltre, determinata a compiere una scommessa diplomatica: «Favorire una soluzione del conflitto fra i curdi e la Turchia». Il ministro per i Rapporti col Parlamento, Gian Guido Folloni, osando, la anticipa così: «Una conferenza internazionale sul problema curdo». «La solidarietà delle forze politiche per i curdi non è di oggi ed è per questo che Ocalan è venuto in Italia - ha detto D'Alema - chiedendoci asilo politico, una questione delicata che affronteremo grazie ad un dato politico nuovo: la rinuncia al terrorismo e la svolta politica». Ma l'apertura di principio alla richiesta d'asilo ha una condizione chiara per il leader del Pkk: la svolta che deve essere «verificata» nella sua «coerenza» perché «non vogliamo diventare una centrale del terrorismo». Parole ^equivocabili, che celano i timori di Farnesina e intelligence per una presenza prolungata in Italia del Pkk. Non sono mancati segnali di attenzione verso «la Turchia, Paese amico di importanza strategica» nella relazione di D'Alema, affiancato dai ministri dell'Interno Rosa Russo Jervolino e del Commercio Estero Piero Fassino. «Siamo in prima linea fra i Paesi che chiedono di esaminare la richiesta turca di aderire all'Unione Europea - ha detto - e i nostri rapporti con Ankara non si possono mettere in discussione». Ma l'accusa giunta dal premier turco Mesut Yilmaz di «non essere uno Stato di diritto» viene rinviata al mittente: «Quando la Francia diede ospitalità a cittadini italiani perseguiti per gravi delitti noi rispettammo la tradizione giuridica di quella grande democrazia, mai mettendo in dubbio la Francia come Stato di diritto». Insomma, il caso Ocalan offre alla Turchia l'opportunità di fare un passo avanti nei diritti umani e quindi di avvicinarsi all'Europa unita. Anche Germania e Grecia sono su posizioni simili. Ma con la Turchia i rapporti restano a livello di guardia. Ieri è sceso in campo il presidente turco Suleyman Demirel - considerato un moderato - ed ha definito il caso Ocalan «un test per la cooperazione antiterrorismo» assicurando che «in caso di estradizione gli garantiremo un giudizio equo». E ad Ankara il nostro ambasciatore Massimiliano Badini è stato convocato dal ministero degli Esteri. Massimo D'Alema, dopo aver ricostruito nei dettagli l'intera vicenda «svoltasi in maniera limpida e senza trattative», ha definito l'eventuale concessione dell'asilo un gesto «non di avventurismo ma di solidarietà». E a Silvio Berlusconi che aveva accusato la sinistra di «essersi messa in un brutto guaio» ha rispo- sto: «Non so se si tratti di un guaio, ma siamo un Paese civile e forte, in grado di affrontare la situazione». La prossima settimana la Corte d'appello si pronuncerà sull'asilo, ma anche un sì non interromperà l'iter di un'eventuale estradizione. Per la Turchia resta l'ostacolo della pena di morte, per la Germania resta il dubbio della decisione finale di Bonn dove la magistratura federale sembra propensa a presentare la richiesta mentre il ministro degli Interni Otto Schily è contrario. «Noi aspettiamo», ha detto D'Alema, che più tardi si è incontrato a Palazzo Chigi con Dini e la Jervolino. La maggioranza è compatta nel sostenere la concessione dell'asilo politico e trova il sostegno della Le¬ ga. Francesco Cossiga, rilanciando l'appello con i Verdi, ha ammonito Bonn a non chiedere l'estradizione «perché si sono lasciati sfuggire l'ultimo leader della Ddr, Honecker». Antonio Martino (Fi) ritiene invece che l'asilo sarebbe uno «schiaffo alla Germania» e Marco Taradash avanza sospetti sul «pentimento all'ultim'ora di chi in 14 anni ha condotto una guerra che ha fatto 31 mila vittime». Anche Antonio Di Pietro ha molti dubbi sulla «brutta grana», pretende «chiarezza sui contatti avuti dai deputati con Ocalan» e propone «un'estradizione verso la Turchia condizionata alla non applicazione della pena di morte». Maurizio Molinari «Aspettiamola decisione tedesca sulla richiesta di estradizione» italiani ritrovarono subito le loro diti, ò come se la resistenza del * Una protesta anti-italiana davanti all'ambasciata di Ankara e, nella foto piccola il premier Massimo D'Alema
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