Radio e telefonini e non massaggiatori trafelati in tribuna di M. F.
Radio e telefonini e non massaggiatori trafelati in tribuna Squalifiche ed elettronica Radio e telefonini e non massaggiatori trafelati in tribuna La staffetta correva, a precipizio, lungo le scale sempre troppo affollate. Dalla tribuna d'onore, doveva raggiungere la recinzione del campo. Un secondo di ritardo avrebbe potuto essere fatale, costare un gol, determinare la sconfitta. E' storia di ieri, di un passato niente affatto remoto. Diciamo otto-nove anni fa, prima che la rivoluzione dell'etere offrisse al calcio mezzi ben più moderni, per quanto certamente meno romantici. L'uomo-staffetta era, generalmente, uno dei massaggiatori (quello non direttamente impegnato sul campo) oppure un magazziniere, purché di quelli svegli. Arrivato alla recinzione vi si aggrappava e trasmetteva, sussurrando con fare clandestino, il messaggio a un «complice», il quale a sua volta ritornava verso la panchina e annunciava trionfalmente al vice allenatore: «Fai scaldare Tizio, metti dentro Sempronio, occhio al numero 9, non è marcato». Questo era il rituale delle domeniche di passione in cui un allenatore, squalificato, doveva starsene mogio mogio in tribuna. Ferreo e un po' anacronistico, ieri come oggi, il regolamento: niente contatti con lo spogliatoio nè, per carità, con la panchina. Teoricamente, chi ha l'incombenza di sostituire nelle decisioni sul campo l'uomo in castigo deve far tutto da sè. Anche i giocatori squalificati dovrebbero, a scanso di guai, evitare di presentarsi nei «locali spogliatoio» prima e dopo i match. In realtà, come è scontato, mai c'è stato veramente black-out assoluto. Tutti hanno sempre parlato con tutti. Fatta la legge, trovato l'inganno. Il grande divertimento (anche dei tifosi) in passato era scrutare le staffette che correvano, trafelate, a portare gli ordini del tecnico. La casistica racconta anche di qualche colossale strafalcione, di disposizioni mal capite e mal trasmesse, di giocatori che non sarebbero mai dovuti uscire e di altri che, non dovendo entrare, hanno poi risolto la partita regalando alla staffetta distratta la patente di oracolo. Dal campionato 1990-91, quando i cellulari hanno cominciato l'inesorabile invasione del mondo (calcio compreso), tutto è cambiato. Il tecnico in castigo ha inaugurato la nuova moda: impartire ordini via etere.basta con le staffette. Il primo caso certificato riguardò il bianconero Maifredi, che scoprì i benefici del telefonino colloquiando (dal palco n. 2 del Delle Alpi) con il massaggiatore Remino in panchina, a sua volta dotato del satanico apparecchio. Ora siamo all'ultima generazione dei contatti «proibiti». Roba da Guerre Stellari. Un po' per sfizio, un po' per necessità: l'etere è così saturo, che negli stadi non c'è più la garanzia di poter sempre parlare tramite cellulare. E in molti impianti il cemento fa da schermo, rendendo assolutamente impossibile la conversazione. Ecco perchè, senza poterlo ammettere (ah, queste leggi medievali!), Bettega ha «indossato» all'Olimpico un marchingegno elettronico ricetrasmittente. Collegamento in tèmpo reale con Ivano Bordon, attento ad ogni bip-bip in panchina. Lippi «dice» a Bettega, che sembra colloquiare amorevolmente con la propria manica, invece riferisce a Bordon, che avvisa Pezzotti: «Entri Fonseca, e faccia gol». La radio gracchiava, ha preso il palo. Quant'è duro il calcio tecnologico, [m. f.]
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