Marconi, le note di Cabiria di Simonetta Robiony

Marconi, le note di Cabiria Il regista ha tratto un musical dal celebre film: questa sera prima nazionale al Teatro Alfieri di Torino Marconi, le note di Cabiria Melodramma moderno con la Noschese ROMA. E dopo gli americani che già l'avevano trasformato nel musical «Sweet charity» diventato poi l'omonimo film con Sherley MacLaine, adesso, a misurarsi con Cabiria, indimenticata piccola prostituta che portò un Oscar a Fellini, ci prova Saverio Marconi, ex «Padrepadrone» dei Taviani, da dieci anni rianimatore in Italia dello spettacolo cantato, un genere che pareva appannaggio della ditta tìarinei & Giovannini. «Le notti di Cabiria», stesso titolo del film, che debutta oggi, in prima nazionale, all'Alfieri di Torino dopo alcune prove aperte per l'Italia, è stato «covato» per sei anni da Marconi che l'ha scoperto, per caso, in televisione perché, quando il film con Giulietta Masina usci nelle sale, era troppo piccolo per vederlo. «E' una storia di sentimenti forti, animata dalla fede nell'amore di quella piccola prostituta, ingenua e violenta, che è Cabiria. Ho subito pensato che sarebbe stato un musical perfetto». Da quel momento, però, sono successe molte cose. Intanto ha saputo che a trasformare «Cabiria» in musical ci avevano già pensato gli americani e dopo aver sacramentato contro di loro s'è messo l'anima in pace. Poi ha visto «Sweet Charity» di Bob Fosse, si è reso conto che lui voleva farne una cosa diversa, ha chiesto i diritti a Fellini che glieli ha concessi, s'è misurato alle Folies Bergère con una sua versione di «Nine» da «Otto e 1/2», e finalmente s'è sentito pronto. Nel frattempo Fellini era morto, lui s'è rivolto agli eredi ripetendo la richiesta, ha chiamato a collaborare al testo il giornalista Maurizio Porro molto legato al regista scomparso e quest'estate, finalmente, è nata la versione musicale di «Le notti di Cabiria». Ad allestirla un gruppetto di «figli di»: Chiara Noschese la protagonista, figlia di Alighiero, il più celebre imitatore dei nostri palcoscenici; Fabio Ferrari, figlio di Paolo, da quarant'anni lieve interprete di commedie, infine Gianluca Cucchiara, figlio di Tony, che ha curato le musiche, piìi Gennaro Cannavacciuolo, non figlio, al quale è toccato far da filo conduttore nel ruolo del mago Mandrake, un personaggio caro a Fellini che aveva intenzione addirittura di dedicargli un intero film. Lo spettacolo, concepito come un melodramma contemporaneo, popolare, semplice, realistico, do¬ ve si ride ma si piange anche tale e quale a quello che nell'Ottocento era l'opera lirica, è stato costruito usando soprattutto i disegni di Fellini: quei cieli blu intenso, quei colori decisi, quelle idee fantasiose che gli servivano quando girava più di una sceneggiatura. Chiara Noschese, ventinove anni di età e già la fama di bravissima, sostiene di essersi preparata a portare in scena Cabiria fingendo di ignorare ogni precedente. «Devo difendermi dagli elementi ansiogeni - spiega con la sua voce da bambina - altrimenti vado nel pallone. Stavolta ho scelto di mantenermi calma, calmissima. Mi ha aiutato scrivere i testi delle nove canzoni che eseguo perché a questo punto le sento assolutamente mie». Indicata come una «enfant prodige» dello spettacolo, uscita dalla scuola di Gigi Proietti già con un contratto di lavoro, lanciata definitivamente da «Alleluja brava gente», sostiene di difendersi dalla monomania del teatro che non porta alla salute mentale, con il dipingere e con lo scrivere. «Che volessi recitare l'ho capito un po' alla volta. Forse c'entra mio padre, forse è una questione di geni, non so, ma a un certo punto ho deciso che volevo provarci. Mi sono data dieci anni di tempo: se non avessi avuto successo avrei cambiato lavoro perché insistere è sano ma perseverare significa non accettare i propri limiti». Di suo padre dice di aver ereditato il piacere di lavorare in anno- nia con tutti: «Non ho una gerarchia nel rispetto». In che senso? «Sono sempre me stessa: mi interessa ugualmente il giudizio del regista come quello di un tecnico». Ma di non aver preso, fortunatamente, la sua dispersività: «Papà si perdeva in pensieri di poco conto, io concentro la mia energia su ciò che conta e vado incontro al pubblico fidando nella buona sorte. Non sempre, ma spesso mi riesce». Simonetta Robiony Un lavoro «covato» sei anni per ritrovare la forza semplice e toccante della storia inventata da Federico Qui a fianco: Giulietta Masina in una scena tratta da «Le notti di Cabiria» Sopra: Chiara Noschese scelta da Marconi per il ruolo che fu della Masina

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