A Pechino si legge kung fu

A Pechino si legge kung fu Cina, nei piccoli villaggi come nelle librerie della capitale trionfano i volumi di arti marziali A Pechino si legge kung fu Ma hanno successo anche i romanzi rosa NTl PECHINO EI popolari supermarket a tanti piani, sorti come funghi in tutta la città, l'angolo 1 più affollato non è quello della frutta esotica o quello delle nuove leccornie occidentali, ma quello dei libri. Ragazzi e non, aprono i volumi l'uno dopo l'altro e rimangono per ore a leggere o anche a saltare di pagina in pagina come se fossero pietanze e gli scaffali fossero un buffet. Al ristorante poi, se portate un volume o lo mettete sul tavolo il cameriere nove volte su dieci storcerà il collo per cercare di capirne il titolo. «E' tutto dovuto alla rivoluzione culturale - spiega il critico letterario Li Shulei -, allora tutti erano costretti a imparare a memoria aride e ostiche opere di Mao, Lenin, Marx... Tutti cosi, anche nelle più disperse campagne. Questo ha dato l'abitudine alla lettura. Allora leggere romanzi o roba più facile è una passeggiata». Eppure in questa patria della lettura non esistono liste di bestseller. Le librerie più alla moda hanno messo su un cartello dei loro libri più venduti della settimana, ma non c'è nulla di sistematico. I titoli sono molto diversi da posto a posto. Comunque qui, dove anche nei piccoli villaggi, negli angoli di strada, sulle bancarelle dei mercati vendono libri di tutti i generi, quelli più popolari sono certamente i volumi di kung fu. E fra tutti le opere di Jin Yong. Jin Yong è forse l'uomo che ha venduto più libri nel pianeta, si parla di centinaia di milioni di volumi. Un'immensità certo, se con i diritti di autore di volumi al costo di poche centinaia o anche decine di lire, si è comprato il più importante quotidiano in cinese di Hong Kong, il Ming Bao. I suoi libri sono anche i più «piratati», ogni editore clandestino ha cominciato la sua attività fotocopiando o ribattendo una delle opere di Jin Yong. Il signor Jin, ormai avanti con gli anni, non lascia la sua Hong Kong ma nell'immenso continente cinese è riverito da intellettuali e da gente comune. «Descrive i momenti della lotta con frasi come "il colpo di coda del drago", "il morso del serpente", "la zampata della scimmia". Chissà che cosa sono, però creano una splendida atmosfera», dice Lu Xiang, editore e partner della Rizzoli italiana in Cina. «Mischia la storia al romanzo e chi legge si sente preso dal torrente degli eventi, si sente parte di tutta la Cina», racconta un altro suo fan Zhang Tianwei, proprietario di una azienda di informatica. «Dà un senso di riscatto e speranza a tutti gli sfortunati. E' l'epica del povero diavolo, il piccolo bandito che riesce ad avere successo», dice il critico letterario Zhang Mu, il quale sostiene che Bill Clinton potrebbe essere l'eroe di un romanzo di Jin Yong. E la cameriera che sta accovacciata su una sedia concentrata su un suo libro concorda e dice: «E' bello». Al secondo posto ci sono le storie d'amore. Gli autori sono in genere di Taiwan e di Singapore e fanno impazzire i liceali. Andando più in su con l'età agli universitari piacciono invece i bestseller americani fra cui l'immancabile Stephen King, ora tradotti con tanto di copyright, e King in cinese si scrive con lo stesso carattere del signor Jin Yong. Vanno poi molto i libri di ricordi e riflessioni personali che qui si chiamano «sanwen», prose sparse, spesso di autori cinesi, insieme ai saggi¬ sti occidentali. Ora è il momento di Hayek e Weber. «In questi ultimi tempi vendono bene la biografia di Chen Yunque e il diario di Gu Zhun», spiega il signor Wang, della libreria San Lian, dove sembra di stare a Manhattan, con una sala bar, una sala per l'ascolto della musica e una per provare videogiochi e Cd Rom. Chen Yunque era un intellettuale che decise di restare in Cina dopo la presa del potere dei comunisti, senza però diventare comunista. Gu Zhun era invece un eroe rivoluzionario che venne condannato come controrivoluzionario per poi essere riabilitato dopo la morte. Queste vicende prendono e commuovono i cinesi ancora ai primi passi nella rivisitazione del loro passato. Non vanno benissimo invece molti degli autori cinesi che hanno avuto tanto successo in Italia, ad eccezione di Su Tong, beniamino dei critici di qui. Mentre sembra ormai passata la febbre del romanziere Wang Shuo. «Appartiene a una stagione di profondo disincanto senza voglia di ribellarsi. Ora i tempi sono diversi e lui stesso non sa forse più cosa scrivere», dice l'italianista Lu Tbngliu. Ma il grande problema che tormenta gli autori è la censura. Da qui nasce la profonda radice delle copie piratate. Nelle bancarelle dei mercati si può trovare qualunque libro di Hong Kong e Taiwan a prezzi più alti e con una qualità di stampa spesso pessima. «Ma almeno così i cinesi sanno tutto quello che succede fuori», racconta un passante che compra per 20 mila lire un libro proibitissimo sui fatti e misfatti dei figli degli alti dirigenti dei partiti. Solo che gli stessi editori che pubblicano libri censurati ripubblicano anche libri di successo. Il controverso La Cina può dire no ha reso al suo autore Zhang Xiaobo, diritti per circa 600 mila copie. «Ma le vendite reali sono state forse decine di milioni di copie, senza contare le mille imitazioni: la Cina dirà sempre no, la Cina se non dice non va eccetera», racconta lo scrittore che oggi ha messo su un'agenzia di copyright. Ma il suo secondo atteso libro non è uscito. L'editore ne aveva stampate 400 mila copie, ma la censura ha deciso che avrebbe sollevato troppe critiche dagli americani e allora, per far piacere agli Usa, lo ha bloccato. Morale: oggi Zhang Xiaobo, per colpa di Pechino, ma anche di Washington, non può più scrivere. Luoyan Shen La grande passione per la lettura è frutto della rivoluzione culturale: allora tutti erano costretti a imparare opere di Mao e di Lenin **■» Cinesi in lettura in strada a Pechino