«Non vincano le corporazioni» di Ugo Bertone
«Non vincano le corporazioni» «Non vincano le corporazioni» Trentin: certe forme di lotta danneggiano solo i cittadini AMILANO TTENTI compagni: «Se prevalgono certe forme di lotta, certe degenerazioni buone solo per far parlare di sé attraverso i mass media anche a costo di danneggiare i cittadini, nel Paese rischia di vincere il qualunquismo». Parola di Bruno Trentin, leader storico della Cgil, ieri a Milano a confronto con i candidati della Confederazione per il pubblico impiego, una delle trincee calde del confronto con gli autonomi. «Qui dice ai candidati Cgil - o vince il sindacato della riforma oppure la Vandea delle corporazioni». Lei condivide, quindi, la posizione di Cofferati? «Certo, è una posizione giusta e coraggiosa». Fatta perché al governo c'è D'Alema, dicono i maligni... «Gente dalla memoria corta. Io sono stato allievo di Giuseppe Di Vittorio. E' dai suoi tempi che il sindacato ha ben presente il tema di adottare forme di lotta che non danneggino i lavoratori». Altri sembrano più tiepidi... «Siamo abituati ad andare avanti da soli. Certo che è triste vedere la sorte di tanti gruppuscoli nati a sinistra e che finiscono con l'assumere l'eredità di quei gruppi clientelali che hanno governato l'Italia per quarant'anni». C'è chi ha evocato, di fronte a certe lotte, lo spettro cileno. E' d'accordo? «In Cile, dietro i camionisti, c'era una precisa volontà politica. Qui non credo. Ma il pericolo è di suscitare una reazione del Paese, con effetti destabilizzanti». Ma che si può dire all'opinione pubblica? «Si può dire che il movimento sindacale ha bisogno di far sentire la sua voce in momenti del genere, magari anche con interventi di massa a difesa degli interessi dei cittadini». Sono giustificabili sanzioni contro certe forme di protesta? «Certamente». Vi sentite più vicini a chi protesta o a chi subisce gli effetti delle agitazioni? «Senz'altro ai cittadini». Ma certe proteste nascono da motivazioni legittime... «Tutte le proteste sono legittime e hanno un fondo di ragione. Si tratta, però, di vedere come conciliare le richieste con l'interesse generale. Eppoi qui siamo di fronte a problemi di metodo, oltre che di merito». Ovvero? «Il dato strutturale è che in molti luoghi di lavoro, ferrovie e ministeri ad esempio, ci troviamo a fronteggiare i risultati di politiche sindacali dissennate. Si è voluto destrutturare le aziende favorendo la diaspora di sindacati e gruppuscoli, con il risultato di evocare una diaspora ingovernabile». E nel metodo? «Ormai una protesta esiste soltanto se fa notizia. Uno sciopero di migliaia di lavoratori dell'industria viene ignorato da giornali e tv, il blocco stradale di 40 persone viene ripreso dai mass media. E così la tentazione di prendere in ostaggio una parte della società diventa irresistibile». La cosa riguarda anche i vostri iscritti: i minatori sulle torri... «Un minatore sulla torre non interrompe alcun servizio pubblico. E credo che questa sia ormai la vera linea di demarcazione, valida anche per noi». L'agitazione dei taxi è anche un problema di comunicazione? Forse si poteva trovare un compromesso... «Non credo. Ci si poteva spiegare meglio, ma la posizione assunta è quella giusta. E mi auguro che, subito dopo, tocchi agli ordini professionali». Nuove agitazioni in vista, insomma... «L'importante è far capire che la rotta è questa e non cambierà». Ugo Bertone
Persone citate: Bruno Trentin, Cofferati, D'alema, Giuseppe Di Vittorio, Trentin
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