La battaglia di Roma in diretta alla tv della diaspora

La battaglia di Roma in diretta alla tv della diaspora Duecento dipendenti, venticinque milioni di spettatori stimati, diciotto ore di programmi giornalieri in sette lingue La battaglia di Roma in diretta alla tv della diaspora A Bruxelles remittente che trasmette in tutto il mondo le ragioni della lotta curda BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Amici! Ci sarà sempre una terra curda e la bandiera curda sventolerà sempre». Alle sei di ogni mattina dallo studio di Denderleeu, un paesotto gelido e desolato a venti chilometri da Bruxelles, le note di «Ey requib», inno nazionale di un popolo senza patria, accolgono i telespettatori di Med-Tv. Nello stesso momento milioni di antenne paraboliche - dalla Svezia alla Turchia, dalla Germania all'Iraq - si sintonizzano sul satellite Hot Bird 4 per sorbirsi le diciotto ore quotidiane di trasmissioni dell'unica rete al mondo dedicata alla diaspora curda. Fino a mezzanotte passano i programmi culturali del dottor Musa Kaval sulla storia e l'arte del Kurdistan e «Baxge Zarokan» per i bambini, i documentari sulla guerra '14-'18 acquistati da qualche tv straniera e gli spettacoli musicali dove vanno per la maggiore cantanti come Siwan Perver, che vive in Svezia, o la sua collega Beser Sahin. Ma sono la politica e l'informazione, che dilagano nel palinsesto. Così sabato una troupe di dieci persone è partita per Roma per «coprire» il turbinoso arrivo di Abdallah Ocalan e adesso, sugli schermi che nel capannone industriale adibito a sede rimandano il segnale di Med-Tv, le facce dei curdi davanti al Celio appaiono in continuazione, anche se le «dirette» si limitano per il momento a lunghe telefonate dall'Italia. Del resto non è una tv come le altre Med-Tv, ma «gli occhi e le orecchie del nostro popolo, ecco cosa siamo», dice il corettore Diler Akrei, due baffoni stampati sul viso e il passaporto norvegese - ottenuto dopo essere fuggito dall'Iraq - in tasca. «Grazie ai nostri programmi - spiega ancora - i curdi della diaspora sanno quel che avviene in Kurdistan e quelli che sono in Turchia, in Iran o in Iraq sanno che cosa avviene all'estero. Ogni giorno arrivano in redazione centinaia di telefonate e di fax. Anche per questo la Turchia cerca di interrompere il nostro segnale, l'ultima volta l'ha fatto un mese fa, il 9 ottobre». Sedi principali in Belgio e a Londra, prima trasmissione il 30 marzo 1995, duecento dipendenti ufficiali e un numero imprecisato di «volontari», una perquisizione con sequestro di tutte le attrezzature poi risolta in un nulla di fatto - della polizia belga nel '96, 25 miUoni di spettatori stimati in barba a qualsiasi Auditel, un budget di cui si riesce a sapere solo che le spese sono tante, la pubblicità pochissima e i finanziamenti arrivano dalla «Kurdish Foundation Trust», principale azionista dell'emittente, questa è la Med-Tv, babele via etere che diffonde i suoi messaggi in sette lingue. «Trasmettiamo in arabo, aramaico, inglese turco, e nei tre dialetti curdi che si clùamano sorani, kurmanji e zaza», spiega Gulcin Kolay, canadese dello Stato dell'Alberta, ma di genitori curdi. Lei, che ha diciannove anni e in Canada studia scienze politiche, è sbarcata a Bruxelles in ottobre per uno stage di quattro mesi «perché penso che sia il modo per cercare di creare una nazione curda». E assieme a lei sono tanti altri i ragazzi di vent'anni e con una miriade di passaporti diversi che lavorano nel cuore giornalistico di Med-Tv, uno stanzone con un'alta moquette grigia su cui hanno camminato troppi piedi, dieci televisori appesi al muro e sintonizzati sulle tv di tutta Europa, e venti computer sulle scrivanie. «Per il popolo curdo i mass-media sono importantissimi, questa televisione è l'università che non ci è permesso avere», spiega Cagri Dogan. Ha diciotto anni e il suo italiano è l'eredità di un periodo passato a Roma. Anche lui, se volesse, potrebbe tagliare i ponti con i curdi e cercare di sentirsi europeo: in Austria i suoi genitori hanno un ristorante e soprattutto la cittadinanza. Da uno studio, riverito come si conviene a un capo, esce Kani Yilmaz, rappresentante del Pkk in Europa, che è appena tornato da Roma. Che cosa ha detto alla sua gente attraverso Med-Tv? «Che dobbiamo riunirci attorno al nostro leader a Roma, che finché la situazione di Ocalan non sarà chiarita dobbiamo essergli il più vicino possibile», risponde lui. Qualche televisore si sarà spento, qualche altra auto sarà partita da un'angolo d'Europa verso Roma. Francesco Manacorda Apre i programmi l'inno nazionale e l'annuncio «La nostra bandiera sventolerà sempre»

Persone citate: Abdallah Ocalan, Beser Sahin, Bird, Cagri Dogan, Francesco Manacorda, Gulcin Kolay, Musa Kaval, Ocalan, Yilmaz