«Profughi, armo di Ankara»

«Profughi, armo di Ankara» «Profughi, armo di Ankara» Allarme dei servizi: navi in partenza ROMA. Non si vedono all'orizzonte, ma nelle stanze di Forte Braschi se ne parla come se ci fossero. Come se navi fatiscenti cariche di migliaia di emigranti curdi fossero già in navigazione verso le coste italiane. Da quando è esplosa la questioneOcalan, negli apparati di intelligence italiana si dà per sicuro che in un prossimo futuro arriveranno dalla Turchia navi cariche di profughi. I politici sono avvisati. Una delle prime pressioni sull'Italia potrebbe essere lo sbarco in Puglia o in Calabria di qualche carretta dei mari. Che i profughi siano uno strumento di pressione si sa dai tempi dell'Albania. Al ministero dell'Interno non dimenticano che in passato diverse improvvise ondate di profughi, in fuga da Paesi arabi come dal Medio Oriente, sono suonate come minacciosi avvertimenti mentre magari erano in corso delicate trattative su tutt'altri tavoli. Si avvicina una crisi nei rapporti tra Italia e Turchia? Nessuno tra gli esperti dell'intelli- gence italiana ha dubbi sulla natura politica e diplomatica delle pressioni che arriveranno da Ankara, ma neanche ci si meraviglierebbe se arrivasse qualche migliaio di profughi. Qualche nave carica magari proprio di curdi che fuggono in Europa. Il Sismi, quando ci furono alcuni arrivi di navi dalla Turchia nell'inverno scorso, scrisse al governo appunto questo: che si trattava di imbarcazioni che avevano ottenuto un tacito assenso dalle autorità di Ankara. «Se non addirittura un via libera», rievoca una alta fonte del Sismi. Sembrò, quella volta, che si trattasse di una ritorsione per come andavano (o meglio, non andavano) le trattative tra la Turchia e l'Unione Europea. Alla Turchia fu sbattuta la porta in faccia. E loro la presero malissimo. A quegli sbarchi di profughi seguì, come si ricorderà, un pu¬ tiferio di polemiche. Nel novembre 1997, il Viminale nella persona del sottosegretario Giannicola Sinisi andava a bussare alla porta turca e apriva le trattative. Da parte italiana si disse la parolina che i turchi si aspettavano: appoggio alla vostra richiesta di adesione nell'Unione Europea. A gennaio di quest'anno, poi, ci fu a Roma un vertice tra capi delle polizie europee e il responsabile della polizia turca. Ne venne fuori un documento che stigmatizzava i traffici di uomini. Ma da parte turca ci fu un irrigidimento quando si trattò di parlare del Kurdistan e del ruolo del Pkk. I turchi non trovavano la netta condanna del terrorismo che pretendevano. Tantomeno accettavano che in Italia si concedesse asilo politico ai curdi. Finì con l'escamotage di un accordo tecnico tra polizie. In sostanza, in cambio di un impe¬ gno della diplomazia italiana a sostenere le ragioni della Turchia presso Bruxelles e gli altri partner europei, le autorità di Ankara promettevano di fermare il flusso di profughi. Istantaneamente finì la corsa dei curdi verso l'Europa. Qualche mese dopo, si firmava un complesso accordo politico tra Italia e Turchia che qui da noi va sotto il nome di «accordo contro il traffico di clandestini» e da loro come «accordo contro il terrorismo». Ma ora le tensione torna ad accendersi. «L'arrivo di Ocalan da noi è una patata bollente che proprio non ci voleva», si limita a dire un alto esponente della nostra intelligence militare. Significa che l'Italia teme di finire in mezzo a una spirale terroristica da cui è assolutamente estranea? «No», dicono all'unisono sia fonti del Viminale che del Sismi. Pressioni dure e anche esasperate, però, sono messe in conto. Anche qualche nave. Francesco Grignetti Per il Sisme l'anno scorso fti data via libera ai convogli come strumento di pressione su Roma E il governo accettò di perorare l'ingresso nell'Ue in cambio del blocco dei clandestini Un cartello scritto in un italiano incerto chiede l'estradizione di Ocalan: è una scena della manifestazione di ieri di fronte al nostro consolato a Istanbul. Nella foto piccola il premier turco Mesut Yilmaz

Persone citate: Braschi, Francesco Grignetti, Giannicola Sinisi, Mesut Yilmaz, Ocalan