Adriano Olivetti, la rivoluzione a metà di Osvaldo Guerrieri

Adriano Olivetti, la rivoluzione a metà Il Teatro Giacosa di Ivrea riapre dopo 13 anni con lo spettacolo di Curino-Vacis Adriano Olivetti, la rivoluzione a metà Un racconto che lascia in ombra utopie e creazioni ITI IVREA \ ON capita tutti i giorni che uno spettatore di 1 teatro, varcato il foyer, trovi ad attenderlo un 1 sindaco fregiato dalla fascia tricolore, il qua■*■ 11 le, tesagli la mano, gli dia il benvenuto. Ecco un caso in cui, imprevista come un'imboscata, la grandiosità burocratica sa provocare un brivido di commozione. E' successo a coloro che l'altra sera si sono recati al «Giacosa» di Ivrea, che riapriva la bella sala ottocentesca dopo una chiusura di tredici anni, mentre, poco più in là, un gruppo di giovani batteva la grancassa della protesta, invitando la città a meditare su spese esorbitanti e su opportunismi elettorali. Ma ciò non ha turbato l'inaugurazione d'un teatro glorioso e il debutto di uno spettacolo molto atteso: la seconda parte di Olivetti, che Laura Curino e Gabriele Vacis promettevano e spromettevano da un anno. Dopo l'epopea di Camillo, il fondatore che qui torna spesso con la modesta statura, la pinguedine, il barbone, la vocetta stridula, tocca ora a suo figlio Adriano, all'uomo che cambiò persino il concetto di fabbrica e che seppe convogliare in un'unica utopia civile le leggi della produzione e quelle del welfare, dell'architettura, dell'urbanistica, dell'arte. Ma, come era già accaduto con Camillo, il Laboratorio Teatro Settimo non fornisce una forma di saggismo teatralizzato. Gli interessa estrarre figure e temi da un racconto largo, corale, popolare. In Camillo l'avventura nasceva dalla sola Laura Curino; Adriano si af- fida a tre interpreti: la Curino, Mariella Fabbris e Lucilla Giagnoni. In Camillo parlavano le donne; in Adriano raccontano i ragazzi. Se la prospettiva è prevalentemente infantile, capite quale sia il confine del racconto: la crescita, l'affacciarsi al mondo industriale tra pedalate in montagna e partite al tennis. Viene fuori il ritratto di un ragazzo che tutti danno per imbranato: sogna di fare il giornalista mentre il padre lo vuole ingegnere meccanico. Per affermare la propria indipendenza, sceglierà di laurearsi in ingegneria chimica. Intorno, il mondo viene scosso dalla guerra, che irrompe nel clima dei giochi e trasforma in bombe le palle da tennis. Il fascismo perfeziona le persecuzioni politiche e razziali. Oltre che a soqquadro, l'Italia è stremata. Lo apprendiamo dal troppo ampio racconto della sorella di Carlo Levi, che scende al Sud per scoprire Matera; ne cogliamo il virus nelle memorie di Natalia Ginzburg, nella cui casa si nascondeva Turati e bazzicava Adriano, che finirà per sposare la sorella della scrittrice. Intrecci inattesi, effetti depistanti. E Ivrea? E la fàbbrica che Olivetti voleva luminosa e accogliente? E il modello rivoluzionario che qui e soltanto qui prendeva consistenza, come se finalmente si realizzasse la Città del Sole? Quasi niente. Il grande sogno di Adriano arriva negli ultimi minuti, in un elenco nobilitato da una prosa lirica: quasi un'appendice da liquidare in fretta. Rien ne va plus. Osvaldo Guerrieri

Luoghi citati: Città Del Sole, Curino, Italia, Ivrea, Matera