Toma la censura, salta la parodia di lady Fini

Toma la censura, salta la parodia di lady Fini Gli autori della «Posta del cuore» costretti a tagliare la puntata a poche ore dalla messa in onda Toma la censura, salta la parodia di lady Fini «L'imitazione può violare la legge sulla privacy» ROMA DALLA REDAZIONE Non è andata in onda la parodia di Daniela Fini creata dalla trasmissione televisiva «La posta del cuore». Ieri la Rai ha pronunciato il suo verdetto: «Approfondendo i problemi di ordine legale, la Direzione aziendale e la Direzione di rete hanno deciso di sospendere la messa in onda», avvertiva uno scarno comunicato della Rai concordato in fretta e furia, via telefono e tramite terzi, da Celli e Freccerò, rispettivamente direttore generale e direttore di rete. Per tutto il pomeriggio, dunque, vi è stata una corsa contro il tempo nelle sale montaggio del centro Rai di Napoli, protagonisti gli autori del programma di satira. «Abbiamo ricevuto oggi (ieri per chi legge, ndr) l'informativa - ha dichiarato Sergio Caschetto, produttore del programma - e la puntata viene rimontata senza la parodia. Non ho commenti da fare. Sono il produttore e faccio riferimento al mio editore». I telespettatori dunque non hanno assistito alla parodia registrata venerdì scorso con il metodo della differita e causa di 48 ore di polemiche. Della parodia esistevano due versioni. La prima conteneva la citazione del nome della protagonista-vittima della satira, Daniela Fini, moglie del leader di An, Gianfranco Fini, realizzata sulla base dei suoi giudizi contro gli omosessuali pronunciati in passato. Dopo le prime visioni si è capito che la parodia poteva sollevare problemi e si è deciso di crearne una seconda versione, con l'aggiunta di un accorgimento tecnico: un «beep» a coprire il nome di Daniela Fini. Si inizia allora a parlare di censura e di pressioni del leader di An sulla Rai. An smentisce, e anche la Rai non è da meno: «C'è stata esclusivamente la legittima preoccupazione del rispetto delle persone che non hanno rilevanza pubblica», spiega l'azienda in un comunicato. Ma la vicenda non è ancora giunta alla sua fine. Gli uffici legali stanno lavorando. Quando, infine, emettono il loro verdetto, la decisione è drastica: sospendere. L'espediente del «beep» è in genere utilizzato per coprire insulti - spiegano alla Rai utilizzarlo per coprire il nome di Daniela Firn sarebbe stato come associare il nome della signora a un insulto. A giocare un ruolo determinante nella decisione sembra essere stato anche un precedente legato alla sentenza del tribunale di Roma del '92, che assolveva Renzo Arbore stabilendo la liceità della satira nei confronti di personaggi che, avendo scelto di avere un ruolo pubblico, avevano implicitamente rinunciato a una parte del diritto di riservatezza. Non altrettanto si può dire per una moglie di un leader di partito. Niente da fare, dunque e la puntata ha dovuto correre in fretta e furia ai ripari, ma le polemiche non si sono spente. Daniela Fini non si è mostrata né soddisfatta né dispiaciuta: «Ringrazio la Rai ma devo dire che questa vicenda non mi è mai interessata più di tanto. Né mi interessa ora. Non mi sono mai riconosciuta nel personaggio proposto dalla Posta del cuore. E' un problema che evidentemente ha deciso di risolvere la Rai. Io non ci sono entrata». Altrettanto distaccato si è mostrato Fini: «Non interviene mia moglie, figurarsi se intervengo io», ha commentato aggiun¬ gendo di non aver mai visto la trasmissione. Per Francesco Storace, presidente della commissione di vigilanza della Rai e onorevole di An, «la Rai ha fatto bene a approfondire gli aspetti legali della vicenda». In ogni caso anche lui afferma che si tratta di «una vicenda che non mi ha appassionato molto anche perché si trattava di satira facile. In questo caso non parlavano di un esponente politico». Prende le distanze dal suo partito, invece, Enzo Palmesano, dell'assemblea nazionale di An. Se la scelta della Rai è dovuta alle pressioni di «ambienti di An - ha affermato - non posso che esprimere solidarietà a Sabina Guzzanti e Cinzia Leone». L'Arcigay ha condannato l'episodio affer¬ mando che la Rai è tornata «ai tempi di Bernabei», in quanto ha operato «questa censura solo in relazione a una satira che inequivocabilmente condannava il pregiudizio antiomosessuale». La moglie del leader di An, infatti «attraverso esternazioni che si ripetono da mesi, se non da anni, si è ritagliata un ruolo inequivocabilmente pubblico e complementare a quello del marito». Anche il premio Nobel Dario Fo, vittima di altre censure televisive, ha condannato la Rai. «E' un brutto segno - ha commentato - dà l'impressione che si voglia accontentare un po' tutti e non si voglia dare fastidio alla donna del capo, anche se è un capo dell'opposizione». Qui sopra l'attrice Cinzia Leone

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