Alla Camera trionfa il votante telepatico
Alla Camera trionfa il votante telepatico IL PALAZZO Alla Camera trionfa il votante telepatico ENTI un po' che concertino... «Il collega Corsini risulta votante in quest'aula - denuncia l'onorevole Sandra Fei, An - quando si sa che oggi è impegnato in un confronto tra tutti i candidati sindaci a Brescia». «Chi è senza peccato - le risponde l'onorevole Gabriella Pistone, Prc - scagli la prima pietra». Questo martedì 10. Mercoledì 11, sempre leggendo il resoconto della seduta, si capisce che di peccati ce n'è una tale abbondanza, a Montecitorio, da rendere il fenomeno dei «pianisti», dei deputati cioè che votano per conto degli assenti, quasi normale, ed entro certi limiti perfino conveniente. La musica è comunque inconfondibile. «Vi posso assicurare - così l'onorevole Saia, Prc, si rivolge ai colleghi di An - che c'era un altro dei vostri a fare campagna elettorale a Vasto. E ha votato». A un certo punto, dai banchi dell'Ulivo, salta su l'onorevole De Simone: «Presidente, vorrei dire che ho visto l'onorevole Napoli votare per un deputata alla sua destra». E quindi: «Anche lì, nel gruppo di An, ce ne sono due: esattamente, scendendo dall'alto la quarta e la quinta fila». Le risponde dieci minuti dopo l'onorevole Malgieri, An: «Presidente! Presidente! Il collega s'è nascosto la tessera, lassù, sesta fila, terzo settore!». Di questo passo, viene da pensare, si prepara una Finanziaria per pianoforte e orchestra. Chi presiede l'assemblea, del resto, fa quello che può. Non è un problema di polizia. I duplicati delle schede magnetiche che servono per votare sono sempre disponibili. Il deputato che non c'è, ma viene fatto votare, non perde oltretutto le 300 mila lire per l'assenza e può sempre dire (a volte a ragione) di non saperne nulla. Così, il «pianismo», o voto telepatico per delega, viene vissuto da un lato come una pratica inestirpabile. E dall'altro come un'opportunità teoricamente illecita, ma nei fatti accettata da tutti - fino a prova contraria (per un I cambio di clima). Che i rappresentanti legali m dei cittadini, in nome della furbizia o del partito, s'improwisino Rubinstein o Benedetti Michelangeli del broglio d'aula e dell'arricchimento illecito è dunque considerato un fatto che non incide sul distacco dalla politica, o su eventuali sentimenti anti-parlamentari - rispetto ai quali si può sempre invocare il qualunquismo. Va da sé che il «pulsantismo» per procura non è cominciato oggi. Esistono addirittura «pianisti» simulatori o, se si preferisce, dissimulati: una volta l'onorevole Zamberletti prese a votare nascosto sotto il banco e solo dopo che l'onorevole Bassanini se n'era uscito gridando «al broglio! al broglio!» riscappò fuori come un pupazzo a molla facendogli: «Cucu!». «Mi sono inserito in un costume»: così, con una certa lapidaria solennità, tentò di giustificarsi l'onorevole Tiberio Cecere, De della corrente gavianea, il più virtuoso «pianista» della storia parlamentare, sorpreso nel 1993 dalle telecamere del Tg5 mentre saltellava tra gli scranni votando per sé e per altri tre o quattro colleghi. Qualche mese prima, come in un film di Bunuel, era stato beccato al piano l'ottuagenario onorevole Gigi Rossi, che per salvare Bossi confessò la sua colpa. Lo stesso ha fatto, l'altro giorno, l'onorevole Olivieri, Ds. Solo che in un empito di originalità e in omaggio ai tempi si è anche voluto autosospendere (per una giornata!) diventando così il primo «pianista» contemporanemente auto-imputato, autogiudice ed esecutore di autogiustizia, cioè carnefice di se stesso. Filippo Ceccarelli Bili | mm
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