L'affettuoso assedio curilo al Celio

L'affettuoso assedio curilo al Celio Da tutta Italia, da Chiasso, dal Brennero, dalla Francia sono scesi a Roma per solidarietà al loro leader L'affettuoso assedio curilo al Celio Migliaia davanti all'ospedale, ma il capo delPkk non c'è ROMA. Arrivano per davvero, i curdi, a manifestare il loro appoggio a Ocalan. Il primo giorno nel piazzale davanti all'ospedale militare del Celio, dove si credeva che fosse rinchiuso il leader del Pkk, erano cinquecento. L'equivoco è rimasto anche ieri, ed erano almeno mille. E tanti altri sono segnalati in transito alle frontiere: diverse centinaia vengono da Chiasso, altrettanti dal Brennero, un po' meno dalla Francia. Un'incredihile manifestazione di affetto, questa dei profughi curdi, che hanno abbandonato su due piedi il lavoro e la casa - faticosamente conquistate in giro per l'Europa e ora in bilico - alla notizia che «Apo», cioè lo «Zio», aveva chiesto asilo politico all'Italia. Molti però sono stati respinti dalla polizia perché avevano documenti non in ordine. Su ventitré che al mattino erano sbarcati a Fiumicino, solo sei hanno potuto superare il controllo passaporti. Gli altri sono stati rimessi su uri aereo e rispediti indietro. Inutili le loro suppliche. Piazza del Cebo, intanto, può già essere ribattezzata Piazza Kurdistan. Ormai si avvia a diventare un grande parcheggio di automobili con le targhe più diverse e un bivacco. In cinquecento hanno trascorso la notte all'addiaccio. Solo una minima parte delle donne e dei bambini hanno accettato l'ospitalità offerta dai «compagni» romani dei centri sociali. Stasera si replica: per dare da dormire si sono messi a disposizione quelli delle case occupate. Ma il sit-in, con il passare delle ore, e il crescere della folla, ma anche il montare della stanchezza, sta perdendo il carattere politico e si sta trasformando soprattutto in ima grande festa curda. Dai gruppuscoli di autonomi sono arrivati i primissimi aiuti: una macchina con stentorei altoparlanti, coperte, un gazebo dove allestire un centro di ristoro. «Abbiamo chiesto al Comune di Roma e alle organizzazioni umanitarie di aiutarci. Perché noi staremo qui finché la situazione non si sblocca. Siamo pronti a stare in piazza anche per un mese. Con un turn-over delle persone, è chiaro», avverte il presidente della comunità curda in Italia, Davide Issamadden. Gli fa eco Paolo Cento, deputato dei Verdi, che da un giorno vive anche lui in piazza e ha iniziato imo sciopero della fame: «L'assessore Piva ci ha promesso bagni e acqua. Speriamo presto». Paolo Cento è anche preoccupato di una qualche rappresaglia terro¬ ristica. «C'è da vigilare contro le bande paramilitari turche di estrema destra». complessa partita diplomatica, politica e giuridica che s'è avviata in questi giorni, insomma sarà accompagnata da un lungo presidio di piazza. Così ha deciso il Pkk - o meglio la sua articolazione politica Ernk - per dimostrare all'opinione pubblica italiana e europea che Ocalan è un leader ama¬ to dal suo popolo e non un avventuriero qualsiasi. Come appunto recita un lungo striscione: «Ocalan è il nostro sole». Piccoli segni di culto della personalità. D'altra parte sembrano usciti dall'iconografia degli Anni Settanta, questi curdi, che cantano con entusiasmo «Bella ciao» e «Bandiera rossa», salutano a pugno chiuso, attaccano «il fascismo turco che ci impedisce di vivere liberi». A osservarli con una punta di nostalgia ci sono anche Daniele Pifano e Vincenzo Miliucci, vecchi leader dell'Autonomia romana, con i capelli bianchi e qualche illusione di meno. Tra i primi ad accorrere, da Bruxelles, c'è Yasar Kaya, il presi¬ dente del Parlamento curdo in esilio. Kaya, un signore distinto di una sessantina d'anni, giacca e cravatta di buon gusto, editore di un giornale chiuso a suon di bombe, già segretario del Partito democratico del Kurdistan, arringa la folla e riceve molti applausi. Cosa ha detto al suo popolo, signor Kaya? «Che qui a Roma stiamo vivendo un momento d'importanza storica. Di avere fiducia nella democrazia e nello Stato italiano. Siamo arrivati in trenta del Parlamento in esilio per avere incontri con le vostre forze politiche. Proveremo anche con il governo. Ma abbiamo paura di provocazioni». Francesco Grignetti In piazza anche il verde Cento: c'è bisogno di bagni e acqua, il Comune lo ha promesso Tra i primi ad arrivare, il presidente del Parlamento curdo in esilio: temo le provocazioni di estremisti turchi IL» '■' RiSlliliS )A6DA PANiK QQtifoOz varsa dù$mn Bti «?ocuk katsìtp Nelle foto, curdi davanti al Celio, giornali turchi che parlano del caso Ocalan e la prigione di Metris (Istanbul) [foto apj