I nemici che non si uccisero di Gabriele Romagnoli

I nemici che non si uccisero Americani I nemici che non si uccisero EDUARDO Zaragoza, di Albuquerque, New Mexico, arrivò a Nagasaki nell'agosto del 1945, con le truppe di occupazione americane. La bomba era stata sganciata da una settimana, ma l'aria aveva mantenuto l'odore dei corpi scorticati. Maschera antigas sul viso, mitra in braccio, batté le strade della città fantasma. Non si sentiva vincitore, né protetto. Pensava che, in un inferno del genere, tutti erano in qualche modo condannati. Trovò lo spettro in fondo a un vicolo: carne viva e tremante, sangue dappertutto e una voce flebile che sembrava pregare, ripetendo sempre la stessa frase. Zaragoza si chinò. L'altro riconobbe la divisa dell'americano e parlò nella sua lingua. Disse: «Kill me, please». Uccidimi, per favore. E ancora, come una gentile litania: «Kill me, please». Il Giappone si era arreso. Per Zaragoza quello non era più un nemico. Il dovere gli imponeva di non ucciderlo. La pietà, di farlo. Scelse di essere soldato. Lo sollevò, cercando di non ascoltare più la sua invocazione affogata tra onde di sofferenza e lo accompagnò in ospedale. Si sono rincontrati in New Mexico dopo 53 anni. Sumiteru Taniguchi è un vecchio dalla pelle neppure troppo rugosa. Zaragoza ha il cancro alla prostata e il diabete. Ha provato a mettere al mondo 5 figli: due sono morti bambini, tre nanno malattie incurabili. Colpa delle radiazioni che lo colpirono mentre attraversava la città fantasma raccogliendo spettri che avrebbero voluto andarsene per sempre. Insieme, Taniguchi e Zaragoza, stanno facendo conferenze contro le centrali nucleari e le guerre, l'uso di materiali radioattivi e armi chimiche. Diversamente segnati, ugualmente disattesi, inutili testimoni del dovere di non ascoltare la voce che chiede di uccidere. Gabriele Romagnoli

Persone citate: Eduardo Zaragoza, Kill, Taniguchi, Zaragoza

Luoghi citati: Albuquerque, Giappone, Nagasaki, New Mexico