INDAGINE SU CAMILLERI di Marco Neirotti

INDAGINE SU CAMILLERI INDAGINE SU CAMILLERI Un incontro con Vautore il 16 all'Unione Industriale ON è affatto un caso, quello di Andrea Camilleri. Non lo è, almeno, nel senso che abitualmente si dà a quel termine in letteratura. I casi editoriali cui siamo abituati in Italia vanno dall'Umberto Eco del «Nome della rosa» alla Tamaro di «Va' dove ti porta il cuore»: una copia in ogni casa (indipendentemente dal fatto poi di leggerla davvero), ristampe, titoli sui giornali e interviste in tv. Non è un «caso» di questo genere Andrea Camilleri, che lunedì 16, all'Unione Industriale di Torino (ore 15), in via Fanti 17, incontrerà il pubblico, dialogando con Alberto Sinigaglia de La Stampa. Non lo è prima di tutto perché oltre a comprare i suoi libri, li leggiamo anche. Lui ha dichiarato in un'intervista al Tg2: «Come spiego questo successo? E' una moda. Poi passerà e rimarranno i miei lettori veri». C'era del vero e del falso in buona fede in quell'affermazione: l'hanno sì acquistato perché tutti lo facevano, però non «per averlo in casa» come accade nelle mode: chi ha pagato il libraio, ha letto il libro e ha deciso di acquistare altri suoi titoli. Montalbano non è venuto fuori d'improvviso. Faceva il suo lavoro indipendentemente da quanti se ne sarebbero accorti. Quando sono aumentati, i suoi estimatori l'hanno detto ad altri. Ed è successo quello che in genere può accadere con un classico: «Voglio leggere il resto». Non c'è stato il libro del «botto», c'è stato il «botto» di un innamoramento collettivo per personaggi, ambienti, linguaggio, perfino per l'autore. Camilleri è un «casn» letterario in questo senso: la gente si è ritrovata in una produzione che non è affatto in serie. E ha voluto impossessarsene. Sarà stata propizia la stagione dell'anno o quella degli animi? Non ha importanza, poteva accadere due anni fa o fra un anno, ma «doveva» accadere. Qualcuno, a proposito del linguaggio, ha tirato in ballo Gadda e qualcun altro si è scandalizzato per un'affermazione simile. Camilleri non è - e credo non pretenda di essere Gadda. Però quella sua lingua di traverso, curvata con sapienza, ha intrigato tutti: chi ama la ricerca sulla parola e chi invece l'unica parola che possiede la possiede un po' imbastardita. Il lettore pretenzioso ha avuto di che divertirsi, quello senza anni culturali ha avuto di che nutrirsi senza vergogne. E, allora, la ripetitività inevitabile, è diventata più che un marchio: è diventata accomunamento. Ma il vero «caso Camilleri» è ancora un altro. Questo maturo signore siciliano, per una vita gestore di storie altrui come regista e sceneggiatore, si è permesso di sbancare le classifiche, di inondare le case, senz'altro anche di arricchirsi, senza accendere rancori. Una gelosia pulita, non quell'invidia sorda che si tramuta in sprezzo gratuito. Camilleri ha vinto senza offendere, ha hivaso spazi senza rubarli, lasciandoci invidiosi con simpatia. Doveva proprio andare così. Marco Neirotti

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