L'intramontabile ALAIN

L'intramontabile ALAIN L'intramontabile ALAIN Il Centre Culturel Francais e il Museo Nazionale del Cinema organizzano da lunedì 16 novembre a giovedì 17 dicembre una rassegna in omaggio a Alain Delon. I film che hanno reso celebre l'attore francese vengono proiettati al Massimo Due, via Montebello 8. Questa settimana sono in cartellone «Il Gattopardo» e «Frank Costello, faccia d'angelo». Biglietti d'ingresso a 7 mila lire. ADESSO ha gli occhiali da vista, i capelli argentati e la faccia segnata, enfiata. Ha sessantatré anni. La grande bellezza che faceva innamorare donne e uomini se n'è andata: rimangono il mito, la bravura d'attore, la memoria dell'angelo nero, del samurai di ghiaccio, del supergangster o del superpoliziotto, del seduttore cattivo. In decenni di celebrità da massimo divo europeo, in oltre ottanta film, Alain Delon ha ripetuto soprattutto due personaggi, espressione del cinema allo stato puro: il bell'amante senza scrupoli, il killer solitario che mette in scena la propria morte. Il momento alto italiano («Rocco e i suoi fratelli» e «Il Gattopardo» di Luchino Visconti, «L'eclisse» di Michelangelo Antonioni) è quasi una parentesi in mia carriera riuscita specialmente nei film «noir» di Jean-Pierre Melville o nell'ambiguità di «Mr. Klein» di Joseph Losey, in una vita glamour, torbida e fortunata. E' stato presto ricchissimo: i soldi del cinema li investiva in Borsa, in case, terreni, quadri; con una società di elicotteri charter andò male, ma andò bene come proprietario di scuderie, organizzatore d'incontri di boxe, produttore di film (ne ha prodotti ventiquattro, e due ne ha diretti); ha commerciato la sua faccia per la pubblicità delle pellicce, il suo nome per etichettare mobili, orologi, occhiali, profumi. La giovinezza rischiosa di bel ragazzo capace d'arrangiarsi s'è mutata nel corso del tempo in legami non soltanto estetici con la malavita, in un matrimonio tumultuoso con la prima moglie Nathalie e in rapporti crudi con il figlio Anthony, nel coinvolgimento in misteriosi casi d'omicidio o enigmatici scandali di Palazzo e nell'adesione all'ultradestra, in un codice d'onore arcaico, forte. Adesso tutto è passato: è padre di due bambini piccoli (Anouschka di sette anni, Alain Fabien di tre) avuti dalla ex modella olandese Rosalie Van Breemen, che è mol¬ to carina e ha quasi trent'anni meno di lui; come tanti ricchi, vive in Svizzera e passa mesi nella proprietà di campagna a Douchy sulla Loira; al cinema lavora poco, il riformarsi della vecchia coppia con Jean-Paul Belmondo è stato quasi un gioco; viene celebrato e si celebra. E' ancora una grande stella, ma una stella spenta. Non è più nell'aria del tempo l'immagine virile che Delon ha impersonato, dura, coraggiosa, delinquente, seducente, padrona, fedele all'amicizia e alla parola data, combattente, malinconica. Il suo eroe nero è irrimediabilmente fuori moda, ma l'ultima volta non pareva triste: «Nel cinema le cose sono cambiate, peggiorate. Potevo scegliere tra fare il mestierante, girare stronzate, o occuparmi dei bambini: ho scelto i bambini. La carriera ormai la ho alle spalle, la mia vita adesso è quella privata, è la famiglia che ho costruito con la mia donna». Quest'idea della famiglia come occupazione da pensionato, tipica anche dei politici, è abbastanza tetra, ma Delon pareva appagato, l'ultima volta: «Della mia vita e della mia carriera ho amato tutto, tutti. Ho avuto per maestri registi eccezionali. Ho potuto fare tanto un cinema popolare quanto un cinema raffinato, accontentando pubblici diversi. Sono stato fortunato: ho avuto sempre la possibilità di scegliere, di decidere, di orientare io la mia sorte. Non ho rancori né amarezze. Non rimpiango nulla». Lietta Tornabuoni Si apre lunedi 16 novembre l'Omaggio ad Alain Delon

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