LA CITTA' CHE RACCONTA

LA CITTA' CHE RACCONTA LA CITTA' CHE RACCONTA IMPRESSIONE che si ha nel guardare le città oggi è un misto di ammirazione e compassione... Come se non si potesse fare a meno di pensare: guarda qui, cinquemila anni di lavoro per costruirle e adesso non servono più... E' vero. Nell'età informatica le città diventano scomode, lente, inservibili... Infatti sono state costruite perché le persone stessero vicine. Perché c'è stato un tempo in cui per comunicare bisognava stare vicini. Adesso quel tempo non c'è più. E le invenzioni che servivano a stare vicini sembra non servano più. Le città sono così ... Sono antiche, non sono moderne. Sono lente, non sono veloci. Come il teatro. Anche il teatro è lento, scomodo, antico... Che senso ha che continuino ad esistere, le città e i teatri, adesso che c'è la tivù, il fax, Internet?... Perché dovrebbe continuare ad esistere 10 spazio adesso che c'è il cyberspazio? Perché se vogliamo che il progresso sia aggiungere conoscenze anziché sostituirle... Perché se non vogliamo ripartire sempre da capo, se vogliamo continuare ad ampliare le possibilità del nostro cervello attraverso la memoria, dobbiamo riuscire a comprendere e ad usare mezzi diversi... Comprendere è qualcosa come spalancare le fauci fino a farsi scricchiolare i tendini - vedere fino a distinguere le congiunzioni di una realtà che sembra sbriciolarsi davanti ai nostri occhi. Ascoltare fino a sentire molte voci contemporaneamente: quella che viene da lontano, dalla televisione, dal computer, ma anche quella che arriva dalle persone che ci stanno vicine... Il teatro, come le città, è antico ma è contemporaneo perché avviene nell'unità di spazio e di tempo. Il cinema, la televisione, Internet, non sono contemporanei, sono inevitabilmente in un altro tempo e in un altro spazio. Sono strumenti istantanei, vanno contro il tempo, 11 teatro e le città vanno con il tempo. La tivù tende a consumare il tempo, a darti la notizia prima che accada, questo è il carattere dell'informazione. Il teatro e le città tendono aprodurre tempo attraverso il racconto. Non è meglio l'uno o meglio l'altro: raccontare non è meglio o peggio che informare, sono soltanto cose diverse, e abbiamo bisogno dell'una come dell'altra. Così il teatro non è meglio o peggio della televisione... lì caffè istantaneo è utilissimo, l'espresso è la nostra quotidianità, ci serve... Certo che il caffè fatto con la napoletana, come diceva Eduardo, quella col cappuccio sul becco e tutto quanto, è un'altra cosa, non è cosa da consumare come l'espresso... Un'altra cosa, tutto qui. E' importante che una città abbia il suo teatro e un teatro la sua città. E' importante perché si assomigliano, perché hanno destini comuni. Entrambi sono mezzi di comunicazione, sono media, ma non sono massmedia. C'è un altro medium che senza essere di massa entra facilmente nel discorso: la scuola. La scuola, il rapporto pedagogico è parente stretto della città, del teatro... E' augurabile che la televisione riesca a scoprire presto le proprie potenzialità pedagogiche, e un mondo in cui sempre più persone hanno accesso ad Internet probabilmente è meglio... Ma la scuola è un'altra cosa. Il momento in cui il maestro dice e l'allievo ascolta, ha bisogno dello spazio concreto, fisico. Ha bisogno della realtà... Paradossalmente il teatro, come la scuola e la città, diventano strumenti per la produzione della realtà... Merce rara, roba da amatori in un mondo pieno di simulacri. Allora la notizia di un teatro che riapre dopo tanti anni è una buona notizia. Se poi la città dove rinasce questo teatro è Ivrea, la notizia è straordinaria. Perché Ivrea è una città che di storie da raccontare ne ha tante, storie bellissime, straordinarie... La città è un libro, diceva Victor Hugo. Il teatro è uno dei luoghi dove leggere questo libro. Gabriele Vacis

Persone citate: Gabriele Vacis, Victor Hugo

Luoghi citati: Ivrea