FLORA, L'AMANTE DI SANT'AGOSTINO di Anacleto Verrecchia

FLORA, L'AMANTE DI SANT'AGOSTINO FLORA, L'AMANTE DI SANT'AGOSTINO VITA BREVI S Jostein Gaarder Longanesi pp. 168 L 22.000 chi gli chiedeva se avesse letto i Padri della Chiesa, Voltaire rispose così: «Li ho letti, li ho letti, ma me la pagheranno». E' proprio quello che vien voglia di dire dopo aver letto le Confessioni di Sant'Agostino; e non tanto per la noia torturante di tutte quelle giaculatorie, quanto per la condotta del futuro santo. Mi riferisco al suo comportamento con quella povera donna, mai chiamata per nome, che, dopo essergli vissuta accanto per tre lustri, fu brutalmente allontanata come un articolo sessuale scaduto e rimandata a casa. La relazione ebbe inizio a Cartagine. E ci scappò subito un figlio, nato in quella città nel 372 e al quale fu imposto il nome di Adeodato. Quando poi Agostino si trasferì in Italia, prima a Roma e poi a Milano, madre e figlio lo accompagnarono. Ma il terzetto non aveva fatto i conti con Monica, la soffocante madre di Agostino. Tutte le madri di figli unici sono di solito appiccicose, soffocanti e intriganti; ma la nostra Monica lo era in sommo grado. Così nel 385, non riuscendo a stare lontana dal figlio, si precipitò i gdall'Africa a Milano. Alcuni indizi lascerebbero pensare che il rapporto tra i due avesse qualche cosa di morboso. Comunque sia, resta il fatto che la brava Monica, appena giunta a Milano, si mise a brigare per dividere Agostino dalla concubina. E siccome doveva essere anche una vera dea della discordia, ci riuscì subito: nel 386 l'innominata, che allora era sulla trentina, fu rispedita in Africa, ma da sola, perché il figlio glielo avevano sottratto. Tutto con il consenso di Agostino, s'intende. Intanto Monica si dava da fare per trovare al suo cocco una moglie non solo giovanissima, anzi di primissimo pelo, ma anche ricca. E poiché era cristiana, quindi ili uminata dalla Grazia o dallo Spirito Santo, la sua scelta cadde su una ragazzina di appena dieci anni, mentre l'età minima per il matrimonio era di dodici. Bisognava dunque aspettare che quella sconosciuta milanesina mettesse qualche penna in più; ma siccome il futuro padre della Chiesa voleva tenersi in esercizio nell'alcova, si prese un'altra concubina. Poi il matrimonio, per fortuna della ragazzina, sfumò: con un tale marito e con una tale suocera ne avrebbe sicuramente passate di tutti i colori. Da questo episodio poco edificante, per non dire di peggio, Jostein Gaarder ha tratto lo spunto per il suo nuovo romanzo. Con un trucchetto fin troppo banale, egli finge di aver scoperto nel mercato delle pulci di Buenos Aires un manoscritto latino, intitolato Codex Floriae. Che roba è? Una lettera di parecchi fogli, il cui saluto introduttivo, scritto a caratteri maiuscoli su una sola riga, suona: «FL0RIA AEMUJA AURELIO AUGUSTTNO EPISCOPO HIPPONIENSIS [sic! ] SALUTEM». Se non si tratta di un errore di stampa, cominciamo male. Pulci per pulci: Hipponiensis al posto di Hipponiensi, scritto per giunta a cai-atteri maiuscoli, è uno strafalcione che guasta subito l'appetito. A parte questo, trovo piuttosto bislacca la fantasia di Gaarder: anzichf andare a cercare improba¬ bili documenti nel mercato delle pulci di Buenos Aires, non sarebbe stato più acconcio cercarli o fingere di cercarli in qualche monastero, visto che qui si parla di Sant'Agostino? Ci avrebbero guadagnato la cultura di Gaarder da un lato e la finzione letteraria dall'altro. Naturalmente lo scrittore norvegese, i cui libri si vendono a tonnellate come i cocomeri, non si lascia sfuggire l'occasione di fare un parallelo tra la concubina agostiniana, cui egli dà il nome di Floria, e la Didone virgiliana. Non erano forse tutte e due di Cartagine? Occorre però rilevare una piccola differenza: Floria sta a Didone come Gaarder sta a Virgilio. Anche le note, con le quali l'autore vorrebbe avvalorare la sua finta scoperta, rivelano una fantasia scadente. Egli si sente perfino in dovere di spiegare chi fosse Cicerone, come se scrivesse per gli acciuga! Ma forse ha ragione lui: in quest'epoca di colossale ignoranza, dove un canterino conta più di un genio musicale e un Gaarder più di Platone, la cultura si sviluppa alla rovescia come la coda dei vitelli. Nonostante tutti i difetti, però, devo per onestà riconoscere che questa lettera-romanzo ha più sostanza ed è meglio congegnata del Mondo di Sofia, una specie di nutella filosofica scambiata per una rivelazione. In qualche punto Floria pronuncia parole che restano impresse ijella memoria: «No, io non credo in un Dio che pretende sacrifici umani. Non credo in un Dio che, per salvare l'anima di un uomo, costringe una donna a sprecare la propria vita». In altri punti, invece, l'autore cade nel pesante e rovina tutto. Esempio: «Quanto ti vergogni di essere un uomo, tu che eri il mio piccolo stallone». Peggio ancora: «Vuoi dire che alcune parti del corpo umano valgono per Dio meno di altre? Il tuo dito medio, per esempio, è forse più neutrale della lingua? Usavi anche il dito, tu!». Questo è volgare e tradisce la pochezza artistica dell'autore. Se quella donna avvolta nel mistero si fosse espressa così, Agostino e sua madre avrebbero fatto bene a mandarla via. Bisogna invece immaginarsela sublimata dalla sventura e dall'umiliazione subita. Il dolore rende muti e pudichi. Più verosimile ciò che Floria dice circa gli strani rapporti tra Agostino e la madre: «Già a quel tempo sentii che tu e Monica eravate legati da un vincolo innaturale per mia madre e un figlio». Qui trapela l'accusa di incesto, che viene ribadita subito dopo: «Ma insomma, Aurelio! Proprio non ti vergogni? Hai completamente dimenticato Edipo e Giocasta?». Se è così, allora si spiega facilmente quella valanga di preghiere che il vescovo di Ippona rivolge al Padreterno. Anche se non dice niente di nuovo, Gaarder è furbo: mettendosi a rimorchio di Sant'Agostino, sia pure in posizione critica, egli può ora aspirare anche alla gloria celeste. Del resto, perché accogliere in Cielo chi commette i peccati e non chi li denuncia in forma romanzata? Il romanzetto contiene comunque tutti gli ingredienti per stuzzicare i lettori di bocca buona. Anacleto Verrecchia Sant'Agostino: Gaarder ricostruisce il carteggio immaginario del giovane studente a Cartagine (prima della conversione) con l'amante Flora VITA BREVI S Jostein Gaarder Longanesi pp. 168 L 22.000