«Inaccettabili le condizioni di Saddam» di Franco Pantarelli

«Inaccettabili le condizioni di Saddam» Il lancio di duecento missili fissato per ieri sera è stato fermato all'ultimo istante «Inaccettabili le condizioni di Saddam» Clinton non si fida della svolta e annulla il viaggio in Asia NEW YORK NOSTRO SERVIZIO L'attacco era partito, alcuni B-52 si erano diretti su obiettivi iracheni pronti a sganciare il loro carico di bombe, quando è arrivata la notizia che l'Iraq aveva ceduto, che gli ispettori dell'Onu potevano riprendere il loro lavoro e che i dettagli della cosa erano spiegati in una lettera che Tarek Aziz, il vice di Saddam Hussein, aveva spedito al segretario generale dell'Onu Kofi Annan. Subito sono state prese le misure del caso e l'attacco, per usare le parole dei portavoce del Pentagono, «è stato abortito». Sembrava essersi ancora una volta risolta senza spari, questa nuova «confrontation» fra Washington e Baghdad, ma il sollievo ©.durato pochissimo. Dopo poco è stato annunciato che Bill Clinton aveva rinunciato al suo viaggio in Asia che doveva cominciare proprio ieri, mandando al suo posto il vice Albert Gore, e alcune ore più tardi Sandy Berger, il consigliere per la sicurezza nazionale, è uscito dalla «situation room» della Casa Bianca al termine di una lunga riunione con il suo capo e gli altri suoi consiglieri ed ha annunciato che non era cambiato nulla, che la lettera di Aziz a Kofi Annan era «inaccettabile» e che gli Stati Uniti erano ancora «pronti a procedere». Perché? Che cosa c'era che non andava? Invano i giornalisti della Casa Bianca hanno cercato di farselo spiegare compiutamente da Sandy Berger. L'annuncio iracheno, diceva lui, non è «né inequivoco né incondizionato», la lettera di Tarek Aziz «contiene più buchi di un formaggio svizzero» e gli Stati Uni: ; «hanno tutte le ragioni per essere scettici, queste promesse che poi non vengono mantenute le abbiamo già viste». Che cosa avrebbe dovuto contenere la lettera per essere accettabile?, gli è stato chiesto. «Non sta a me dirlo». Allora state per attaccare di nuovo? «Su questo non dico nulla. Di sicuro il tempo a disposizione non è illimitato». La lettera in questione era arrivata a Kofi Annan il mattino, e siccome i tempi stringevano l'ambasciatore iracheno all'Onu, Nizar Hamdoon, era andata a consegnargliela nella sua casa di Sutton Place, il quartiere chic di New York, seguito da un codazzo di giornalisti ai quali era già stato detto che c'era una svolta. Kofi Annan ha fatto entrare l'ambasciatore, ha letto la lettera e poi è uscito per dire ai giornalisti: «Mi sembra positiva. Alle tre e mezza si riunirà il Consiglio di Sicurezza e i suoi membri decideranno che fare». Ma quella riunione sarebbe cominciata molto più tardi (ieri sera era ancora in corso) perché gli sviluppi che da quel momento hanno cominciato a verificarsi fra cui addirittura la decisione di far tornare in Iraq gli ispettori dell'Onu, partiti l'altro giorno e «parcheggiati» ad Amman, in Giordania - a un certo punto hanno subito il brusco arresto dovuto alla reazone americana. Questa, al di là delle non-spiegazioni di Sandy Berger, sembra che si basi sul contenuto di un «allegato» che Tarek Aziz ha inviato a Kofi Annan assieme alla sua lettera. Il vice di Saddam, cioè, non si è limitato a dire al segretario generale ciò che tutti speravano che dicesse, e cioè: «La leadership del'Iraq ha deciso di riprendere la collaborazione con l'Unscom e la Iaea (cioè le due agenzie dell'Onu che formalmente gestiscono gli ispettori, ndr) e di permettere loro che finiscano il loro normale lavoro in accordo con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza», ma ha ribadito la richiesta irachena di intraprendere la «revisione totale» delle sanzioni contro il suo Paese con l'esplicito obiettivo di toglierle. E per dare un'idea di cosa l'Iraq pensi sulla questione aveva appunto allegato la copia di un'altra lettera, spedita l'altro ieri ai governi francese, cinese e russo, per spiegare come secondo il suo governo si dovrebbe procedere per rendere la revisione «seria, onesta e fruttuosa». Il testo di quella seconda lettera non si conosce (si sa solo che uno dei suoi punti contempla la sostituzione di Richard Butler, il capo degli ispettori con una lunga storia di litigi furibondi con le autorità irachene), ma a quanto pare è proprio nel suo contenuto che gli americani hanno ravvisato la pretesa irachena di «porre condizioni», il che ha reso la loro mossa «inaccettabile». Tutto come prima, quindi, il «build up» militare continua (ieri sono partiti alla volta del Golfo un'altra cinquantina fra B-52. F-15, F-16 e gli «invisibili» B-l), anche se molti dicono che sarebbe «imbarazzante» per Washington decidere di scatenare l'attacco su una questione di «allegati». Ancora una volta, Saddam Hussein, il dittatore iracheno esperto in questa politica del «gatto e del topo», sembra avere giocato abilmente le sue carte. Franco Pantarelli Ma già oggi tornano in Iraq gli ispettori dell'Orni