Ciampi: meno rigore dopo l'Euro

Ciampi: meno rigore dopo l'Euro Il ministro d'accordo con D'Alema. Padoa Schioppa: nessuna flessibilità sulle intese Ciampi: meno rigore dopo l'Euro Roma chiede di rivedere ilpatto di stabilità ROMA. L'Italia non chiede di superare il 3% di deficit, non chiede nemmeno una modifica del «patto di stabilità» per l'Euro. Ma chiede un po' meno rigore di bilancio nei prossimi anni, ha spiegato il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, schierandosi a fianco di Massimo D'Alema, in una intervista pubblicata dal Finan dal Times in apertura di prima pagina. Al di là di quanto riferito dal quotidiano britannico, l'obiettivo italiano sembra quello di modificare la severa tabella di marcia che prevede il raggiungimento di attivi di bilancio nel 2002. Ma la proposta del commissario europeo Mario Monti tollerare una deviazione se dovuta a spese per investimenti si scontra con vaste ostilità, sia a Bruxelles sia nella Banca centrale europea. Secondo Tommaso Padoa Schioppa, membro italiano del direttorio della Bce di Francoforte (e persona piuttosto vicina a Ciampi, in passato) «il patto di stabilità è molto chiaro e non si presta a una grande flessibilità nella sua interpretazione». Ciampi sostiene che uno «spazio di manovra» esiste; tuttavia il governo italiano sa bene che un'intesa su questo punto sarebbe molto difficile da raggiungere. Svela l'ipotesi alternativa il ministro delle Finanze Vincenzo Visco: «Potrebbe tornare in discussione un'idea autorevole come quella dell'ex presidente francese Giscard d'Estaing, secondo cui sarebbe stato corretto depurare le grandezze del disavanzo dagli effetti del ciclo economico». In altre parole: se c'è rischio di recessione è sbagliato impiccarsi a un obiettivo ambizioso come il pareggio di bilancio nel 2002. Ciò a cui l'Italia si sente tenuta è una riduzione rapida del debito accumulato; potrà ottenerla ugualmente con un disavanzo un po' più alto, spiega Ciampi, se farà maghimi privatizzazioni. Quanto agli investimenti il presidente del Consiglio Massimo D'Alema ha chiesto una deroga più circoscritta, per un piano europeo di investimenti in grandi infrastrutture comuni, finanziato con emissione di titoli europei. Per realizzare questo, non ci sarebbe nemmeno bisogno di «reinterpretare» il patto di stabilità. Basterebbe che l'emissione delle obbligazioni fosse posta a carico del bilancio dell'Unione, e non di quelli degli Stati che formalmente sono vincolati al patto. Replica Padoa Schioppa: «L'economia europea è ancora in crescita; c'è un grave prò- blema di disoccupazione, ma non siamo in condizioni che richiedano un impulso dal lato dei bilanci pubblici». La tensione tra governi di sinistra europei e Banca centrale resta. Al di là dell'appa-" rente omogeneità ideologica, gli interessi di Bonn, di Parigi e di Roma non sono però identi¬ ci. I governi francese e tedesco sono più interessati a una politica monetaria espansiva, anche perché secondo gli ultimi dati l'inflazione nei loro Paesi è quasi scomparsa. Ieri il ministro delle Finanze tedesco Oskar Lafontaine ha spiegato che le sue pressioni sulla Bundesbank derivano dalla volontà di «non ri¬ petere gli errori degli Anni 70 e 80, con elevato deficit pubblico e politiche monetarie troppo prudenti». Il governo italiano punta di più su un allentamento di bilancio, perché un impulso dal lato monetario lo ha già garantito, con la convergenza dei tassi di interesse sull'Euro al più basso livello franco-tedesco (3,3%, attualmente). In Italia è invece la crescita economica che non va: a fronte della previsione ufficiale di + 2,5% per il prodotto interno lordo nel 1999, ieri il vicedirettore generale della Banca d'Italia Pierluigi Ciocca ha pronosticato non più del 2% nella migliore delle ipotesi, sotto 1' 1,5% nella peggiore. L'idea del governo D'Alema è di dare un nuovo impulso con sgravi fiscali (probabilmente un ritocco all'imposta «duale» sulle società) e contributivi in caso di un soddisfacente accordo sul «patto sociale»; ma questo non si accorderebbe bene con la tabella di marcia che prevede di abbassare il deficit al 2% nel '99 e all'1,5% nel 2000. Stefano Lepri Vìsco ripropone una vecchia idea di Giscard d'Estaing Lafontaine alla Bundesbank «Non ripetiamo gli errori i Anni 80 e 90» Al di là dell'appa-" rente omogeneità ideologica, gli interessi di Bonn, di Parigi e di Roma non sono però identi¬ Ieri il ministro delle Finanze tedesco Oskar Lafontaine ha spiegato che le sue pressioni sulla Bundesbank derivano dalla volontà di «non ri¬ sulle societàcaso di un sodo sul «pattosto non si acon la tabelprevede di aal 2% nel '2000. Lafontainalla Bun«Non ripgli errori An * * Il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi