I maghrebini lasciano la cattedrale
I maghrebini lasciano la cattedrale E' durata 24 ore l'occupazione, il vescovo: «La violenza contro San Petronio è una violenza contro la città e il nostro tempio» I maghrebini lasciano la cattedrale Bologna, trasferiti in una ex scuola offerta dal Comune BOLOGNA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'occupazione della Basilica di San Petronio da parte di un gruppo di immigrati senza casa è durata solo 24 ore. Ieri pomeriggio, coperte in testa, figli piccoli in braccio, gli occupanti sono usciti dall'ingresso secondario della Basilica. Destinazione: una ex scuola in via del Pallone, poco lontano dal centro, offerta come alloggio per un mese dal Comune. La svolta è arrivata nella notte: gli immigrati, riuniti in una navata della Basilica, hanno accettato le coperte offerte dalla Croce Rossa, rompendo con i giovani autonomi che avevano «cavalcato» la protesta, fatti uscire dalla chiesa. Una svolta che si deve alla pazienza di un prete: don Giovanni Nicolini, vicario episcopale della carità e direttore della Caritas diocesana. Dall'altro pomeriggio ha vissuto fianco a fianco con le 45 famiglie, passandq con loro tutta la notte, un po' a dormire, un po' a pregare, un po' a parlare di Dio e dei problemi quotidiani. «Hanno avuto un grande rispetto per il luogo sacro, costantemente attenti a tenere pulito e in ordine», racconta Nicolini, 58 anni, che ha raccolto le storie degli immigrati. Il prete invita a sdrammatizzare i toni: «C'è stata un'occupazione, un atto non legale, ma nessuna persona di chiesa ha mai pensato ad una profanazione». Sul sagrato di San Petronio, dove polizia e autonomi si sono fronteggiati, monsignor Ernesto Vecchi, vescovo ausiliare di Bologna, usa altri toni: «La violenza contro San Petronio è violenza contro la città e contro il nostro massimo tempio cittadino. Bisogna che Bologna ri¬ veda il suo concetto di cultura, la violenza anche se in forma democratica non è mai un atto di civiltà. Mi chiedo cosa sarebbe successo se dei cristiani avessero fatto quello che hanno fatto loro in una moschea». Anche se poche, queste 24 ore hanno fatto emergere contraddizioni e non solo all'interno della Chiesa. Il Comune ha tenuto fin dal¬ l'inizio la linea dura, condannando la strumentalizzazione politica della vicenda ad opera del comitato autonomo «Senzafrontiere». Le tensioni hanno raggiunto il massimo quando l'assessore alle Politiche sociali Lalla Golfarelli è stata aggredita e insultata. Poi, il legame tra gli autonomi e gli immigrati si è spezzato e le trattative sono state ripre¬ se e concluse in poche ore. Una tregua fragile, che ha rischiato di rompersi subito, quando gli immigrati hanno scoperto le condizioni fatiscenti dello stabile. Altre trattative e la promessa di rendere abitabili i locali prima di sera hanno scongiurato una nuova rottura. L'acqua e la luce sono arrivate, ma il riscaldamento entrerà in funzione solo oggi- L'occupazione di San Petronio è l'argomento del giorno nei capannelli di persone riunite in Piazza Maggiore, dove campeggia su un palazzo in ristrutturazione un enorme pannello «multietnico» della Benetton. I commenti si dividono. Lo scrittore Stefano Benni è indignato: «Non so perché ci sia tanta indifferenza, Bologna è ricca e potrebbe risolvere questi problemi. I veri squatter non sono quelli che occupano le case, ma quelli che si stanno comprando il centro della città a colpi di miliardi». Marisa Ostolani Due immagini degli immigrati che per 24 ore hanno occupato la basilica di San Petronio
Persone citate: Ernesto Vecchi, Giovanni Nicolini, Lalla Golfarelli, Marisa Ostolani, Nicolini, Stefano Benni
Luoghi citati: Bologna, San Petronio
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