«Così vinco i tumori dei topi» di Andrea Di Robilant
«Così vinco i tumori dei topi» «Così vinco i tumori dei topi» Folkman aprirà le porte del suo laboratorio WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Anche Judah Folkman, lo scienziato di Boston che dice di aver curato il cancro nei topi, sta passando i suoi guai: finora nessuno è riuscito a replicare con successo i suoi esperimenti. Ma lui risponde pacatamente che è una questione di tecnica - una tecnica imparata nel corso di decenni di ricerche. E tra pochi giorni aprirà il suo laboratorio ad altri scienziati per fare una dimostrazione. Folkman, 65 anni, finì improvvisamente alla ribalta la primavera scorsa quando il New York Times annuncio in prima pagina che egli avrebbe trovato una cura per il cancro entro due anni. Lo scienziato, un uomo molto riservato e compassionevole, rimase il più possibile nell'ombra per non aumentare speranze premature. Ma il clamore fu comunque enorme in tutto il mondo. Folkman segue da anni mi particolare filone di ricerca anti-cancro che ruota attorno all'idea di «soffocare» il tumore interrompendone l'approvvigionamento sanguigno. E sostiene di aver ottenuto questo risultato nei topi, appunto, usando due proteine: l'angiostatina e l'endostatina. Folkman ha già ottenuto il via Ubera per procedere con simiU esperimenti sui tumori nelle scimmie, l'ultimo passo prima deUa sperimentazione sull'uomo. Ma nel campo deUa scienza i risultati ottenuti in un laboratorio devono essere confermati da esperimenti in altri laboratori prima di diventare un patrimonio acquisito. NegU ultimi mesi il clamore attorno al lavoro di Folkman ha naturalmente scatenato una vera e propria corsa alla replica dei suoi risultati, non solo negU istituti di ricerca anti-cancro, ma anche nei laboratori deUe principah case farmaceutiche. Ma finora nessuno è stato in grado di confermare i risultati di Folkman. «Judah ha davvero fatto moltissimo nel campo della ricerca anti-cancro - dice frustrato David Cheresh, dello Scripps Research Institute - ma molti scienziati temono che in questo caso si sia comportato un po' come Pierino che grida al lupo». L'accusa è ingenerosa: Folkman non ha mai amato il clamore. E quando La Stampa andò a visitarlo la primavera scorsa a Boston appariva soprattutto preoccupato dell'impatto che tutto quel chiasso avrebbe avuto sui malati di cancro. Ma il problema indubbiamente esiste. E i sospetti aumentano. Al punto che nelle ultime settimane era circolata la voce che egU stesso volesse smentire le sue scoperte in un articolo sulla rivista Nature, voce che Folkman ha smentito. Lui insiste di aver ripetuto con successo i suoi esperimenti nume¬ rose volte. E se altri non ci riescono, dice, è perché le tecniche sono molto complicate e richiedono anni e anni di pratica: «E' un po' come costruire uno Stradivario». Ma il National Can- cer Institute, l'ente che dovrà dare il via libera alla sperimentazione sui tumori nell'uomo, è così preoccupato che aveva deciso di nominare una commissione d'inchiesta una misura umiliante per uno scienziato della fama di Folkman. E così lui ha fatto una controproposta, invitando una nutrita delegazione di scienziati a seguire per una decina di giorni gli esperimenti anti-cancro nel sur laboratorio. Andrea di Robilant Lo scienziato americano Judah Folkman. In alto da sinistra, il direttore dell'Istituto superiore di Sanità Giuseppe Benagiano e il professor Luigi Di Bella
Luoghi citati: Boston, Washington
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