Uno spot per i medici di S. Man.
Uno spot per i medici Uno spot per i medici l'Antitrust: devono potersi fare pubblicità ROMA. I medici possono farsi pubblicità, dice l'Antitrust. «La salute non è una merce e noi non siamo assimilabili a una categoria commerciale», replica l'Ordine professionale della categoria. Secondo l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, tutte le professioni di tipo sanitario devono potersi fare un'adeguata promozione, senza le limitazioni che in Italia inibiscono un'opportunità di questo genere, magari con il pretesto di tutelare la salute pubblica. L'Antitrust ha inviato una segnalazione ai presidenti delle due Camere, al presidente del Consiglio e al ministro della Sanità, con riferimento alla legge del '92 che regola la materia e a un disegno di legge che propone alcuni correttivi. Le motivazioni? Innanzitutto, dare la possibilità ai giovani di acquisire più visibilità. «L'investimento pubblicitario - si legge nel documento - favorisce nel breve periodo l'affermazione sul mercato dei neoprofessionisti». Ma vantaggi innegabili - continua l'Autorità - deriverebbero ai consumatori, che potrebbero anche nel settore sanitario valutare il rapporto costi-benefici. Il ricorso alla pubblicità anche da parte dei medici - si fa notare - deve poter beneficiare di un «incisivo ampliamento», nella considerazione che «la pubblicità rappresenta uno strumento di concorrenza di fondamentale importanza». Sono proprio le caratteristiche dei servizi sanitari offerti al consumatore - precisa l'Antitrust - a richiedere che la pubblicità venga ammessa. Oggi il consumatore si trova nell'impossibilità di «identificare con esattezza la prestazione di cui necessita e di apprezzare la quanta della prestazione erogata», anche perché la fretta legata aU'urgenza impedisce, nel settore della salute, di fare quello che normalmente si fa in altri casi: valutare più offerte, confrontare tariffe e servizi offerti, scegliere ciò che si ritiene più conveniente. Aldo Pagni, presidente dell'Ordine dei medici, è critico. «Conosciamo i ragionamenti dell'Antitrust in tema di concorrenza, coerenti con un'economia di mercato - spiega - ma la medicina non produce merci». E il codice deontologico gli dà ragione. I medici - è scritto all'articolo 56 - «devono astenersi dal fare pubbUcità e promozione ni merito alla propria attività ed evitare qualsiasi forma pubbUcitaria personale o in favore di singole istituzioni pubbliche o private». Ma Pagni sottolinea un altro pericolo: «L'informazione può facilmente trasformarsi in promozione». Ma la possibilità di scegliere tra metodi di cura e relative tariffe non sarebbe un diritto del paziente? «E' difficile che il cittadino abbia la possibiUtà di valutare la veridicità di un messaggio. Un esempio è la pubbUcità di certi prodotti fitoterapici per dimagrire. Alcuni sono a base di alghe ricche di iodio, in quantità normale non fanno male, ma concentrati agiscono suUa tiroide». Attualmente la promozione per i medici è Umitata a pochi casi. I professionisti possono soltanto affiggere targhe o pubblicare inserzioni sugli elenchi del telefono, con il loro nome e la specializzazione. Il paziente non dispone quindi delle informazioni che potrebbero permettere una scelta della persona cui rivolgersi, sulla base di un'adeguata comparazione. Tutto questo, secondo l'Antitrust, in contrasto con le nonne assai più elastiche esistenti negli altri Paesi europei. [s. man.]
Persone citate: Aldo Pagni, Pagni
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