La fuga senza fine di Abdullah di Mimmo Candito

La fuga senza fine di Abdullah La fuga senza fine di Abdullah 7/ terrorista è stato tradito da tutti i suoi padrini IL PROFESSORE CON IL MITRA POTREBBE essere una storia di Le Carré, questo Ocalan (leggetelo Ocialàn) che in una sera di routine finisce lessato sul piatto di uno stanco poliziotto di frontiera all'ultimo suo giro del turno di notte. Gli elementi della spy story ci sono tutti: il viaggiatore anonimo, la complicità piatta dei neon dell'aeroporto, il volo semivuoto, la provenienza da Sheremetevo, il vestito di taglio discreto, il passaporto falso e però non falsissimo. Ma, proprio come Le Carré ci ha insegnato, non sono questi gli elementi «reali» del racconto, quelli che fanno il dramma e lasciano intravedere il fondo oscuro di un intrico di tensioni e di passioni; no, quello che passa dietro l'arresto fortuito (fortuito?) di un passeggero che fa la coda al gabbiotto per stranieri non-Ue è una faccenda assai più complicata, dove si mescolano pace e guerra, cannoni e petrolio, e l'Islam, l'Unione europea, la Prima guerra mondiale, i Trattati di Losanna e di Sèvres, fino alla speranza delle bandiere senza patria. Abdullah Ocalan, quando s'anda- va a trovarlo in Siria dove s'era rifugiato per sfuggire ai poliziotti turchi, si rivelava subito per un leader politico di buona taglia. Alto, serio, e armato di baffi d'ordinanza, parlava con vigore contagioso dei sogni di un popolo che vuole diventare nazione. Di mestiere ora faceva «il terrorista», cioè mandava i suoi uomini ad assaltare i fortini istituzionali di uno Stato - la Turchia - che non aveva voluto riconoscere quell'altro Stato - il Kurdistan - che pure la fine della Grande Guerra sembrava stesse per far nascere sui pianori e tra le montagne che dividono l'Europa dall'Asia. Era stato studente di buoni voti, Ocalan, poi pro- fessore affascinato dalla dottrina marxista, poi capo e fondatore del Pkk, nazionalista e rivoluzionario; ora, da quasi vent'anni, se ne stava sotto la protezione di Assad, che si ripagava l'ospitalità con i danni che i guerriglieri (i terroristi?) del Pkk andavano a infliggere ai prepotenti vicini turchi e al loro inaccettabile controllo delle acque bibliche. A ottobre però, un mese fa, questa storia aveva improvvisamente cambiato pagina. Assad espelleva Ocalan dalla Siria, e firmava un accordo di collaborazione con Ankara: il vecchio «santuario» chiudeva per cessazione dell'attività, e i soldati turchi facevano una nuova du¬ rissima incursione nel Nord iracheno. Nasceva un nuovo equilibrio in un'area fortemente destabilizzata. Già, ma Ocalan? «Il terrorista» aveva passato due frontiere e s'era rifugiato a una ventina di chilometri da Mosca: l'ospitalità gli era stata concessa dal nuovo Kgb e da Primako v soltanto a una condizione però, che fosse una cambiale a scadenza breve. Dalle parti dove quasi 80 anni fa doveva nascere il Kurdistan si sta combattendo ben altra guerra che quella che si fanno il Pkk e l'esercito di Yilmaz: laggiù, tra Caspio, Asia Centrale e Golfo, si muovono le pedine di un Grande Gioco che deve deci¬ dere chi controllerà le vie del petrolio e chi ne potrà prendere, almeno, una parte di guadagni; e in questa partita, Russia, Iran, Turchia, Afghanistan e Pakistan (e Usa, certo) sono «alfieri» capaci di papparsi con un solo balzo il piccolo «pedone» curdo. O comunque di muoverlo a loro piacimento. La partita non è cominciata ieri notte, all'aeroporto di Fiumicino. Quando il comunismo implose e ridisegnò una mappa senza le antiche frontiere, si scatenarono gli appetiti delle nuove possibili ricchezze; saltarono gli equilibri consolidati, apparvero nuovi attori e molti altri scomparvero. Carlos «lo Sciacallo», per esempio, fu messo fuori scena con un accordo sottobanco, che partì - anche quella volta - da Damasco e finì in una galera della Francia, passando per Mosca e il Sudan. Portava con sé la fine di una traiettoria, lo smantellamento di una rete terroristica, e un principio di possibile distensione tra i fondamentalisti di Khartoum e l'amministrazione americana. Abdullah «il terrorista» Ocalan ora ha fatto un viaggio anche lui via Mosca, partendo da Damasco, e anche se non è finito ancora in una galera italiana porta però in dote un consistente pacchetto politico pure lui. Non è ancora chiaro che cosa stia dentro questo pacchetto, perché si sa poco del burattinaio (o dei burattinai) che stanno manovrando questa fase della partita. Potrebbe anche essere - ipotesi di arresto su «autosegnalazione» - una scelta politica azzardata, che vuole sfruttare in modo clamoroso la sensibilità italiana verso il dramma sociale e umano dei curdi dopo il caso Frisullo. O potrebbe essere invece - ipotesi di arresto su segnalazione di chissà quali 007 - l'innesco di una mina che rischia d'incattivire le già difficili relazioni tra Turchia ed Europa, e apre un nuovo terreno di scontro dove può finire chiunque, perfino la Palestina di Arafat. Mentre Clinton fa lucidare gli ottoni della sua banda militare, inseguendo un Saddam che non si sa più bene se sia ormai un topo o il gatto, il nuovo disegno delle strategie mondiali può anche trovare un suo frammento nella stanca luce al neon di un aeroporto di transito, una notte. Gente che va, gente che viene. Come un albergo di Le Carré. Mimmo Candito Per 20 anni protetto da Assad Ha chiuso la sua carriera in che si ripagava l'ospitalità con i un aeroporto come nella trama danni che il Pkk faceva ai turchi di un romanzo di Le Carré Abdullah Ocalan, al centro di un arroventato caso giuridico-diplomatico