Roma: niente Tornado sema voto Onu

Roma: niente Tornado sema voto Onu Roma: niente Tornado sema voto Onu D'Alema chiama Clinton: sostegno politico, non militare ROMA. L'Italia ritiene che la soluzione della nuova crisi del Golfo Persico non possa essere affidata ad atti unilaterali ma debba passare per l'Onu: dovrà essere il Palazzo di Vetro a guidare gli sforzi per trovare una via d'uscita diplomatica basata sul rispetto delle risoluzioni sul disarmo dell'Iraq di Saddam e dovrebbe essere solo il Consiglio di Sicurezza ad autorizzare l'uso della forza contro l'Iraq. Al termine del Consiglio dei ministri di ieri il governo ha espresso una posizioni unanime in merito, riproponendo la linea-Onu già seguita in occasione del precedente braccio di ferro Clinton-Saddam nel febbraio scorso. A dispetto degli annunci filo-americani di alcu- ni parlamentari dell'Udr, la presenza dei ministri di Francesco Cossiga in questa occasione non ha influenzato la scelta finale. Il Guardasigilli Oliviero Diliberto ha così potuto esprimere «piena e convinta adesione» al documento del Consiglio dei ministri in cui si «auspica un ripensamento di Baghdad» affidandosi alle «iniziative del segretario dell'Onu». Fra queste una in particolare è stata al vaglio della Farnesina nelle ultime 72 ore e il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, l'ha indicata in ragione di precedenti contatti avuti con interlocutori arabi ed europei: {(Accelerare l'attuazione del disarmo dell'Iraq per fissare uno scadenzario temporale sulla fine delle sanzioni». Ovvero: rispondere positivamente alla richiesta irachena, ribadita dal vicepremier Tareq Aziz in un colloquio telefonico con Dini, di «poter vedere la luce in fondo al tunnel» delle sanzioni imposte dall'Onu nel 1991, ottenendo in cambio luce verde «a tempo» per ispezioni senza alcuna limitazione. «Siamo impegnati a favorire una soluzione negoziata - conferma il sottosegretario agli Esteri Umberto Ranieri - a condizione che il governo iracheno si dichiari disposto a collaborare ed a consentire immediatamente la ripresa delle ispezioni». A favore dell'intervento si è invece schierato a sorpresa il presidente della commissione Esteri della Camera, Achille Occhetto: «In passato sono stato sempre contrario ma ora Saddam sta violando l'accordo fatto con il segretario dell'Onu. Se la provocazione dovesse continuare il ricorso alla forza sarebbe legittimo». Se comunque i tentativi diplomatici dovessero fallire, ha osservato Lamberto Dini, «nessun Paese può impedire agli Stati Uniti di at¬ taccare l'Iraq». L'Italia però non parteciperà all'eventuale attacco. E' stato il ministro della Difesa, Carlo Scognamiglio, a chiarirlo a Washington dopo un lungo incontro con il segretario alla Difesa, William Cohen. «Gli Stati Uniti ritengono di poter attaccare anche senza un nuovo voto delle Nazioni Unite - ha detto - e in questo caso noi potremo dare sostegno politico ma non militare all'attacco». La posizione italiana non ha sorpreso il Dipartimento di Stato, dove però è stata accolta con innegabile freddezza. Di questo ha discusso il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, durante una conversazione telefonica con il presidente Usa, Bill Clinton. D'Alema ha poi parlato anche con i colleghi francese Lionel Jospin, britannico Tony Blair e russo Evgheny Primakov tratteggiando le linee di fondo della posizione scelta dal governo. Incontrando in mattinata il presidente argentino Carlos Menem, D'Alema si era invece soffermato sul forte segnale inviato a Saddam Hussein dagli otto Paesi arabi Egitto, Siria e Paesi del Golfo - firmatari della «Dichiarazione di Damasco»: «E' molto importante che il mondo arabo abbia pressantemente invitato il leader iracheno a riprendere la collaborazione con l'Onu perché finora l'atteggiamento di Saddam è stato molto negativo», [m. mo.] Massimo D'Alema ha telefonato ieri a Clinton, poi si è consultato con i colleghi francese, Lionel Jospin britannico, Tony. Blair e russo, Evgheny Primakov