Multipla, una buona idea

Multipla, una buona idea La prima versione 42 anni fa, ora sta per uscire la nuova Multipla, una buona idea Un 'auto sinonimo di innovazione TORINO. Sta per arrivare la Multipla, una vettura innovativa, ricca di idee. Proprio come il glorioso modello di cui porta il nome. Che merita, in tale circostanza, di essere ricordato, se non altro per questa «consanguineità» ideale che lega le due auto. Dunque, è al Salone di Bruxelles, nel gennaio del 1956, che la Fiat presenta ufficialmente la 600 Multipla, a neppure un anno di distanza dal lancio della celebre vetturetta di 633 ce che in pochi anni avrebbe trasformato D volto dell'Italia. A motore posteriore, come l'auto da cui derivava, la Multipla ha però una carrozzeria molto più spaziosa grazie soprattutto all'incremento delle dimensioni di ingombro: era infatti lunga 3,53 metri contro i 3,21 della Berlinetta, larga 1,45 (7 cm in più) e alta 1,53 contro 1,40. Ma era più spaziosa grazie, soprattutto, all'originale linea che per la prima volta su una vettura di serie riuniva in un solo «volume» abitacolo, motore e bagagliaio. Insomma, una monovolume ante litteram, 25 anni prima di quelle che sarebbero nate negli Usa. A quel tempo gli studi di marketing capaci di spiegarci il «desiderio di aggregazione» tutto italiano - e perché altrimenti la Fiat avrebbe lanciato, prima al mondo, un'utilitaria a sei posti? - erano ancora tutti da inventare. E non c'era neppure un prof. De Rita pronto ad analizzare i nostri comportamenti, sogni e bisogni (moltissimi questi ultimi e addirittura sterminati i primi). Ma di aggregarci avevamo, allora, la necessità e non solo il desiderio. Una necessità forte, anzi fortissima, perché le famiglie di quegli anni erano terribilmente, rumorosamente numerose, mentre di automobili ce n'erano proprio poche. Appena un milione contro i 31 milioni odierni: un'auto allora ogni 47 italiani, una oggi ogni 1,8. Era un altro mondo. A quei tempi 100 mila lire mensili erano un ottimo stipendio, quasi un miraggio per masse di operai e contadini costretti a salari di 20 o 30 mila lire, mentre una collaboratrice domestica non superava le 5-6 mila lire mensili. Eppure, un «centone» della metà degli Anni 50 non corrispondeva che a 2 milioni di lire odierne, fatti i conti con l'inflazione. Ma quelle 100 mila lire - lo stipendio di uno statale di gruppo A o di un professionista giovane ma già avviato erano molto più delle simboliche, quasi irraggiungibili mille lire al mese di 20 anni prima: le mille lire al mese del 1936 valevano infatti «appena» 1,5 milioni di lire odierne, un quarto in meno quindi delle 100 mila lire del 1956. In quei 20 anni, evidentemente, le esigenze dell'italiano medio erano cambiate di poco e, dunque, continuavano ad essere anzitutto «represse». Così quando nel gennaio '56 la Multipla apparve nei saloni delle concessionarie con ben in vista il suo prezzo di 743 mila lire per la versione a sci posti e di sole 730 mila lire per quella a 5 (neppure 15 milioni odierni), a molti italiani sembrò all'improvviso di realizzare il vecchio sogno di scarrozzare tutta la famiglia, senza dolorosi «tagli» al momento del via. In realtà Dante Giacosa, il papà della Multipla come di tutte le altre Fiat presentate tra la metà degli Anni 30 e l'inizio dei 70, aveva compiuto un vero e proprio miracolo: riuscì non solo a ospitare con relativa comodità sei persone in un'auto lunga appena 3 metri e mezzo, ma realizzò anche alcune fondamentali «sinergie produttive» (parola all'epoca sconosciuta) che avrebbero consentito di contenere il prezzo della Multipla in una cifra che eccedeva di poco il 20% rispetto alla 600 Berlinetta. Cifra che, soprattutto, era addirittura inferiore alle 750 mila lire richieste sino a poco tempo prima per una piccola e scomoda - ma ugualmente ambitissima - 500 Belvedere. Un'automobilina larga appena 1,28 metri (e lunga 3,31 senza i paraurti, che allora erano un extra), dove a malapena si entrava in quattro: eppure gli italiani dell'epoca riuscivano a stiparvi quattro adulti e 3-4 bambini in un intreccio di gambe, piedi e braccia. Acqua passata. Ora c'era un'auto molto più ampia e confortevole della vecchia Belvedere. Con parte del pianale e la meccanica derivati dalla 600 ma anche con parabrezza e avantreno ripresi dalla 1100, Giacosa era riuscito a compiere quel suo miracolo: ospitare comodamente sei persone in 3 metri e mezzo di ingombro. «Ero così soddisfatto di quella Multipla che ne acquistai subito una per mia moglie», confessò. Ma non sarà solo la famiglia Giacosa ad apprezzare quella pratica vetturetta. Prodotta in circa 130 mila esemplari fino al 1968, la Multipla diventerà presto parte integrante del paesaggio italiano: sarà infatti «il» taxi per antonomasia, anticipando tra l'altro di qualche decennio l'attuale tendenza a utilizzare i monovolume proprio per tale servizio. Alberto Bellucci La Multipla numero I (a lato) e quella che sta per essere messa in vendita Due modelli ricchi di idee e innovazione legati dallo stesso nome a distanza di 42 anni

Persone citate: Alberto Bellucci, Dante Giacosa, De Rita, Giacosa

Luoghi citati: Bruxelles, Italia, Torino, Usa