Pier'Alli: «Critici, tacete» di Armando Caruso

Pier'Alli: «Critici, tacete» Torino, il regista del «Don Giovanni» replica alle stroncature Pier'Alli: «Critici, tacete» «E' assurdo avere idee preconcette e frenare le emozioni del pubblico» TORINO. L'inaugurazione della stagione al Regio con il «Don Giovanni» ha scatenato la dura, inattesa reazione della critica e un putiferio di polemiche. Il regista Pier'Alli è accusato di aver esasperato il simbolismo che l'opera mozartiana in sé possiede; per la noia che ha suscitato la proliferazione di grandi maschere sin dal loro apparire in scena nel primo atto; perla confusione scenica che disturbava persino l'interpretazione dei cantanti; per un finale incomprensibile. La critica ha condannato ad unanimità la lettura registica di Pier'Alli, anche se ha riconosciuto che alcune scene erano di indubbia eleganza formale. Una querelle fra i critici e il regista fiorentino, colpevole di aver mescolato le carte, di avere alterato il concetto di teatro nel teatro. Pier'Alli ieri ha lasciato Torino, affidando le prove della seconda compagnia alla sua assistente Giovanna Maresta. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a Firenze. Pier'Alli, ha letto i giornali? Cosa pensa delle critiche al Don Giovanni? «I giornali non li leggo mai. Dei critici penso che accettino schemi mentali e culturali già ampiamente delineati. Il critico porta in sé i suoi cliché, non concettualizza nulla, non è più un messaggero per i posteri. Frena, mentre il pubblico è stimolato dalle emozioni. Come musicologi, poi, hanno una visione polarizzata soltanto e unicamente sulla musica. A me non piace l'interpretazione che Abbado dà del "Don Giovanni", ma non dico che è una schifezza. Dico che Abbado ha una visione diversa dalla mia, diversa da quella di Kleiber etc». Però, Pier'Alli, tutti i critici le contestano l'uso eccessivo delle maschere. «Siamo in pieno simbolismo. L'occhio è l'anima, il cuore, lo sguardo di Don Giovanni. La proliferazione delle maschere rap- presenta l'esplosione di stati d'animo diversi». E la morte di Don Giovanni? Non ne ha stravolto il significato? Quel gioco tra Leporello e Don Giovanni non è riduttivo? «Non ho stravolto nulla. In quel momento Don Giovanni non è un superuomo che va incontro alla morte, ma si appoggia al suo servo Leporello per riceverne forza. Nel momento culminante della loro vita, tra i due passano l'amore, amicizia, l'affetto, la fragilità. Leporello, in quel momento, è il suo vero alter ego. Don Giovanni è un debosciato, che sfinito dalla sua esitenza va verso la morte. Per questo ho inteso affidargli quei sentimenti che non ha mai avuto prima. Don Giovanni mentre riceve la morte è l'icona della croce, un dissacratore che si atteggia a Cristo che vuol portare su di sé tutte le iniquità di cui è capace. A braccia aperte egli declama il vittimismo più assoluto». Ma il direttore artistico del Regio, Claudio Desderi, difende Pier'Alli. «Vivaddio, le cose dal punto di vista teatrale sono andate benissimo. Il teatro è da lodare in blocco per l'impegno delle maestranze, dell'orchestra. Dal punto di vista dell'ideazione registica e quindi scenografica, la critica è libera di pensare che il Don Giovanni possa essere visto in mille modi diversi. Io stesso non sono mai stato soddisfatto delle mie interpre- tazioni. Don Giovanni è il personaggio più controverso della storia della musica». Critiche eccessive? «La reazione di gran parte della critica è lecita. E sono sinceramente convinto che debba essere così. D'altra parte non si può pensare che Pier'Alli cambi il finale dell'opera per far piacere ai critici. E proprio perché mi rendo conto che si tratta di una domanda retorica, non interverrei mai su una personalità così spiccata come quella di Pier'Alli per fargli cambiare parere. Né si può pensare alla morte di Don Giovanni in modo realistico. L'allusione freudiana s'impone». Ma che ne pensa veramente della regìa di Pier'Alli? «Dico che è rispettabilissima. Dico che io, probabilmente, avrei fatto un altro "Don Giovanni", ma questo che significa? Nell'arte c'è spazio per la creatività e ampia libertà di espressione. A mio parere Pier'Alli non ha stravolto il "Don Giovanni". Forse, l'idea in sé affascinante delle maschere poteva essere sviluppata in modo diverso, ma il "teatro nel teatro" è anche questo». Lei però l'ha sempre vissuto in modo diverso. «Sì, è vero, ma dopo una mia prima alla Scala, un uomo-sandwich portava sulle spalle un'enorme scritta che suonava così: "Strehler-Desderi, Dio li fa e poi li accoppia. Che orrore". Più criticati di così. "Don Giovanni" è sicuramente l'opera più difficile da interpretare per la complessità psicologica del personaggio, ma proprio per questo anche l'opera più difficile da criticare». L'unico ad essere soddisfatto del clamore suscitato dal Don Giovanni è il sovrintendente Giorgio Balmas. «Lo "scandalo" Pier'Alli - commenta - produce effetti positivi. Chiarito doverosamente che la scelta è stata dell'ex direttore artistico Carlo Majer, non avrei saputo a chi affidare la regia se non a Pier'Alli. La cifra dello spettacolo è alta, ne condivido l'interpretazione. Anche il finale. Il testo è talmente complesso che più se ne parla meglio è, per la cultura di tutti». Armando Caruso «Non ho stravolto l'opera di Mozart» Balmas: «Meglio la polemica dei silenzio» Pier'Alli, discusso regista del «Don Giovanni» al Teatro Regio

Luoghi citati: Firenze, Torino