Cavallera, un ginnasta a Regina Coeli di A. P.
Cavallera, un ginnasta a Regina Coeli Morto a Cuneo. Con Foa era l'ultimo del gruppo di Giustizia e Libertà condannato nel '36 Cavallera, un ginnasta a Regina Coeli Dopo la guerra l'impegno azionista e contro la legge truffa SALUZZO IL 4 dicembre 1936, da I Regina Coeli, Vittorio I Foa scriveva ai genitori: ■■■I «In nostra compagnia c'è tuttora il Cavallera al posto di Bauer. E' un giovane simpatico e di intelligenza vivace. Poi è un pugile e ginnasta assai noto specie negli ambienti studenteschi dove ha strappato dei trofei nelle gare littoriali. Di tanto in tanto ci dà spettacolo di evoluzioni ginnastiche, oppure fa del punching ball contro un soprabito». L'antifascista e azionista Vindice Cavallera, detto il Cava, è morto a 87 anni, all'ospedale di Cuneo. Dall'inizio degli Anni Novanta viveva a Saluzzo, sofferente ai reni. «E' una notizia molto dolorosa - dice Foa -, perché era, con me, l'ultimo superstite del nostro gruppo di Regina Coeli. Ci sentivamo spesso per telefono. Era un grandissimo amico». Nato a Genova nel 1911, Ca¬ vallera era figlio di un deputato socialista. Laureato in legge, aderente al movimento di Giustizia e Libertà, arrestato nel 1932 una prima volta, nel 1936 era stato condannato dal Tribunale speciale, con Vittorio Foa, Michele Giua, Massimo Mila, Augusto Monti e i due Perelli. Gli erano stati inflitti otto anni di carcere. Era rimasto a Regina Coeli fino al 1940. Dopo la guerra, era tornato alle attività civili, svolgendo a Roma la professione di avvocato. Impegnato politicamente nella breve avventura del Partito d'azione, nelle elezioni del 1953 si era battuto con Ferruccio Parri contro la cosiddetta legge truffa. Sposatosi in carcere, con una signorina saluzzese, Jole Vigna, non aveva figli. Morta la moglie si era trasferito prima a Grosseto, quindi a Saluzzo. In Lettere della giovinezza di Foa, che raccolgono le missive dal carcere, il Cava appare pie¬ no di vitalità: si appassiona di filosofia (per una seconda laurea), si interessa di economia (e studia Keynes), si tuffa nel greco e latino, fa della critica letteraria, tiene lezioni di cinema. Famoso tra gli amici con l'uniforme da galeotti il fritto misto che gli mandava la mamma. Da romanzo la descrizione delle sue nozze: la direzione del carcere gli aveva permesso, per l'occasione, di lasciarsi crescere i capelli. Gli occorse una dispensa speciale, perché non era battezzato («Come battezzare uno col nome Vindice?», annotava Foa). Imponeva programmi di esercizi fisici ai compagni di cella, soprattutto per la pancetta di Ernesto Rossi. Quanto a lui, sperava di partecipare alle Olimpiadi di Londra. Ripensando ai giorni del carcere insieme, a Foa capita di dire, nel rimpianto dell'amico scomparso: «Ci siamo anche tanto divertiti». [a. p.]
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