Torna a crescere la produzione industriale di U. B.
Torna a crescere la produzione industriale A settembre l'Istat rileva un miglioramento in un quadro che resta diffìcile. Cauti gli imprenditori Torna a crescere la produzione industriale L'Ocse: ripresimi possibile già dall'anno prossimo MILANO. A settembre è andata meglio del previsto, dato che la produzione industriale è salita del' 1,4 per cento rispetto a un anno fa Q' 1,7 per cento se riferito ad agosto) e che in nove mesi l'aumento medio è del 2,5 per cento. «C'è qualche miglioramento rispetto alle stime commenta Guidalberto Guidi, consigliere delegato per il centro studi di Confindustria - ma la situazione resta piatta. I dati di settembre, comunque, dovrebbero portare ad escludere il rischio di andare sotto il punto più basso della forchetta fissata tra l'I,5 e l'I,8 per cento. Nel '98, grazie anche al fatto che ci sono due giorni lavorativi in più del '97, dovremmo posizionarci vicini all'1,5». Niente di eccezionale, assai meno di quanto, fino a poche settimane fa, speravano gli esperti governativi. Ma la frana, dopo la crisi asiatica e della Russia, sembra scongiurata. «Probabilmente - commenta Ignazio Visco, responsabile del dipartimento economico dell'Ocse - le valutazioni economiche del '98 per l'Italia saranno meno positive del previsto, ma è possibile che l'attuale fase venga superata e si colga già nel '99 un nuovo elemento di ripresa». L'economia italiana, però, resta febbricitante, lontana da una vera prospettiva di ripresa, in grado di lanciare segnali convincenti sul fronte dell'occupazione. Una diagnosi valida per l'Italia, ma anche per le altre economie della Comunità, come dimostra la sortita di Dominique Strauss-Kahn. Il ministro dell'Economia francese ha infatti ventilato, per la prima volta, la possibilità «che in Francia si potrebbero avere tassi più bassi», senza evocare la necessità di far convergere prima i tassi degli altri Paesi verso il basso. Un ennesimo segnale dell'insofferenza, montante, verso il primato incontestato dell'Europa dei banchieri rispetto a quella della politica. Anche in Italia, del resto, cresce il dibattito sulle possibili terapie per il rilancio in chiave europea. E così dopo Massimo D'Alema, è toccato al ministro dell'Industria Pierluigi Bersani, ieri a Milano per la consegna del premio qualità per le medie imprese (Oscar alla Fad di Fa briano, premio speciale alla piemontese C&M), rilanciare la proposta di una terapia d'urto per l'Unione di Bruxelles. «Le convergenze realizzate a livello europeo - ha commentato ieri consentono di riflettere su una politica di intensificazione degli investimenti pubblici» «Credo che noi tutti - ha aggiunto - governanti e governa tori non possiamo consentire che l'Europa riveda al ribasso le sue previsioni di sviluppo perché non assumerebbe quel ruolo mondiale che le spetta Guardate al resto del mondo: l'Asia, per un tempo non breve, dovrà compensare la caduta del mercato domestico con mag giori esportazioni; gli Stati Uniti tirano ancora, ma prima o poi dovremo consentire a quella locomotiva di tirare il fiato...». Ma una politica del genere non può che incidere sulle politiche del rigore perseguite a livello europeo, a partire dal patto di stabilità, oltre a modificare gli equilibri dell'Europa della moneta unica. Non a caso Paolo Onofri, già consigliere economico di Romano Prodi, oggi al lavoro nello staff del Tesoro, dice, a proposito del patto di stabilità, che «non c'è rilassamento del rigore del bilancio, perché tutto avverrà all'interno dei vincoli di Maastricht. Eventualmente si potrà rivedere il percorso programmato dal patto di stabilità e sviluppo verso un disavanzo nullo». Sulla stessa lunghezza d'onda, del resto, si muove il ministro del Tesoro Bersani che afferma: «Ritengo che le convergenze realizzate, che sono andate anche al di là delle previsioni di Maastricht, consentono di riflettere su una politica di intensificazione degli investimenti pubblici». Ma è possibile una revisione del patto di stabilità? «Non mi sembra opportuna», liquida la questione Emma Bonino. «Altra cosa - aggiunge però parlan¬ do della proposta del collega Mario Monti - è considerare in modo diverso spese correnti e investimenti nella determinazione dei deficit pubblici, stabilendo anche quali investimenti possano essere considerati produttivi». Ma questo, ammonisce la Bonino, non vuol dire mettere in discussione il patto di stabilità. «E prima - chiude la Commissaria europea - occorre che in molti Paesi, Italia compresa, sia ridotto un po' il debito. Non è che calcolare in modo diverso spese e investimenti sia un via libera alle spese...». [u. b.]
Persone citate: Bonino, Dominique Strauss-kahn, Emma Bonino, Guidalberto Guidi, Ignazio Visco, Mario Monti, Massimo D'alema, Paolo Onofri, Pierluigi Bersani, Romano Prodi
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