La tragica eredità di Stalin di Giulietto Chiesa
La tragica eredità di Stalin Il dittatore risvegliò la diffidenza popolare per gli ebrei La tragica eredità di Stalin NMOSCA EL Politburo del Pcus, dopo Stalin, l'ultimo ebreo fu Kaganovic. La destalinizzazione non riuscì a cancellare una delle più importanti «restaurazioni» attuate dal dittatore: quella dell'antisemitismo. Che in Russia nacque, del resto, con il movimento dei Centoneri e che in Russia creò la sua bibbia, i cosiddetti «Protocolli dei Savi di Sion», arma contundente la cui falsità non impedì di colpire nei pogrom di fine secolo (scorso) e non impedisce oggi di circolare liberamente nelle edicole dei sottopassaggi di tutte le città russe. Stalin «restaurò» dunque, con abilità senile e diabolica, un sentimento diffuso. Nel popolo come nelle classi intellettuali russe e sovietiche. Nel senso che - senza dirlo apertamente - Stalin usò anche il sentimento popolare diffuso dell'anticomunismo come uno degli strumenti della sua lotta paranoica contro i «nemici di classe». La «congiura dei medici» che fece in tempo a inventare poco prima della morte fu, ovviamente, una congiura antiebraica. E tutti, nel Paese della doppia verità, capirono perfettamente che dietro quei «medici» si nascondevano degli ebrei. Anche perché la maggior parte dei medici sovietici erano proprio ebrei. Paradosso quasi inspiegabile. Infatti le statistiche ufficiali sovietiche dicevano che su mille ebrei ben 350 avevano un'istruzione superiore, contro meno di 50 russi. Statistica indubbiamente vera in mezzo a un mare di statistiche false. Ma che con¬ trastava singolarmente con l'esistenza di precise direttive ufficiali destinate a «riequilibrare» l'accesso ai più alti gradi dell'istruzione, cioè appunto a colpire proprio gli ebrei. Eppure tutti sapevano e sanno che moltissimi rivoluzionari bolscevichi erano ebrei. Lenin non si curava di questi dettagli. Prova ne sia che Bukharin, Sverdlov, Trockij, Kamenev, Zinoviev, Radek, Karpinskij e decine di altri che con lui guidarono il partito, lo erano. E' anche vero che quasi tutti quelli che non morirono di morte naturale finirono sotto il plotone di esecuzio- ne nei lager staliniani. La circostanza era talmente presente alla mente dei russi che, tra le infinite barzellette antisemite che circolavano in Unione Sovietica, una se ne ag- giunse quando Leonid Breznev cominciò a mercanteggiare con l'America le quote dei «refuzniki», cioè degli ebrei che chiedevano di emigrare in Israele. «Ma come? - dice un russo al suo coinquilino ebreo nella "komunalka" (appartamento in coabitazione) - te ne vuoi andare adesso, dopo tutto il disastro che voi ebrei avete combinato?». Adesso il generale Makashov se ne esce con la non originale proposta di istituire una specie di «apartheid» nei confronti degli ebrei russi. Quando lo diceva Zhirinovskij ci passava lungo la schiena un brivido di disgusto, ma non di stupore. Siamo invece sconcertati e stupiti, oltreché indignati, perché lo dice un deputato comunista della Duma. Siamo anche doppiamente sconcertati dallo scoprire che la grande maggioranza della Duma non è riuscita a trovare una parola di condanna. E siamo infine sbalorditi dalla gigantesca idiozia che ha impedito al più forte - in testa ai sondaggi - dei futuri candidati presidenziali, Ghennadij Ziuganov, di espellere Makashov dai ranghi del partito, consentendogli infine di racimolare, con 48 ore di ritardo, due parolette di condanna che tradiscono soltanto un disagio tattico: l'intervento (di Makashov) è stato «inopportuno e sbagliato». Non ci si candida a forza di governo, neanche nella Russia odierna, umiliata e offesa, con questi miseri distinguo. Makashov, Ziuganov, i deputati della Duma sono convinti di interpretare sentimenti popolari diffusi. Probabilmente in questo hanno ragione. Ma «diffusi» non significa «maggioritari». E qui è il primo errore di Ziuganov. Il secondo è quello di pensare che le future elezioni russe si terranno nel vuoto pneumatico del disinteresse mondiale e che, comunque, l'Occidente non potrà influirvi. Errore madornale nel mondo globale. Il terzo errore è il peggiore. Dicono di voler difendere il popolo russo dal «genocidio» cui lo condannerebbero le riforme volute dall'Occidente e dagli alleati ebrei dentro la Russia. E qui non c'è più nemmeno traccia dell'ideologia marxista-leninista, che almeno era acconcia a vedere nemici di classe e non nazioni nemiche. Questo è l'ultimo dei «Protocolli», e con questo non si può fare molta strada. Giulietto Chiesa I Protocolli dei Savi di Sion circolano ancora nei sottopassi di tutte le città russe Il Pc al governo non può permettersi parole d'ordine così vergognose
Luoghi citati: America, Israele, Russia, Unione Sovietica
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