Legge elettorale, asse Ds-f orza Italia di Maria Grazia Bruzzone

Legge elettorale, asse Ds-f orza Italia Salvi propone uno sbarramento al 12,5% per «favorire le coalizioni». Insorgono Verdi, Ppi e An Legge elettorale, asse Ds-f orza Italia Ora il doppio turno di collegio piace agli azzurri ROMA. Cesare Salvi tira fuori una nuova proposta eli riforma elettorale tardata Ds: un «doppio turno per le coalizioni», versione aggiornata e francesizzata del «doppio turno di collegio» da sempre cara alla Quercia, molto maggioritaria e molto bipolare. Così bipolare - o comunque così orientata a sfoltire la platea dei partitini - da attirerei subito gli anatemi del Ppi, dei Verdi e dei cossuttiani, prontamente alleati. Mentre Forza Italia si mostra molto interessata. «E' un buon punto di partenza» fa sapere Enrico La Loggia, capogruppo degli azzurri al Senato, dove di legge elettorale si comincerà a discutere in concreto. Una disponibilità al dialogo condivisa anche dalla Lega, sia pure a certe condizioni. La proposta Salvi punta a favorire fin dal primo turno la formazione delle coalizioni, attraverso la presentazione da subito di candidature unitarie dei partiti alleati in tutti i collegi con un unico simbolo. Alta, in ogni caso, la soglia di accesso per il secondo turno. Per il quale si prospettano due varianti: ballottaggio limitato ;u primi due candidati di ciascun collegio, nella versione più radicale; di coloro che hanno superalo al primo turno il 12,5% dei consensi al primo turno, come in Francia, nella versione più morbida. In entrambi i casi cossuttianl e Verdi verrebbero riassorbiti nelle listi! uliviste, con ben minori possibilità ili trattare desistenze che con l'attuale turno unico. Mentre il Ppi, per non sparire, sarebbe costretto ad aggregarsi con Udr e Rinnovamento italiano in un partitone di centro. Che è quel che vogliono sia Cossiga che Dini, favorevoli infatti alla proposta Salvi. Ma non è affatto questo il progetto di Franco Marini. Il quale non a caso insorgo, trovando un pronto alleato nel verde Lidgi Manconi. I due si vedono a Piazza del Gesù accompagnati da delegazioni dei due partiti, e siglano un documento comune - al quale più tardi aderisce anche Cossutta - che ha il senso di un fuoco di sbarramento. Una proposta «impraticabile», che «non risolve la questione e forza la realtà italiana» la liquida Marini. E Manconi chiede che venga rispettato il «diritto di rappresentanza» anche di forze che non intendono coalizzarsi nei due poli. Ppi e Verdi, che fino a ieri sembravano guardare al Polo per trovare sostegno all'ipotesi di doppio turno di coalizione, ora chiedono una proposta comune della maggioranza. Non per caso. Forza Italia manifesta per la nuova idea della Quercia un interessato «apprezzamento». Originariamente monoturnista, il partito azzurro dopo l'esperienza positiva delle ultime amministrative si è convertito al doppio turno, convinto che i suoi elettori sono ormai maturi per un voto simile a quello dei Cornimi. Un modello, quello secco dei sindaci, con ballottaggio fra i primi due, al quale guarda con favore anche la Lega che invece boccia la soglia al 12,5% perché, spiega Roberto Maroni, «non cambierebbe nulla». Chi non ci sta è An, pur originariamente non distante dal doppio turno di collegio. Ma, a differenza di Berlusconi che lo ha sempre considerato una soluzione estrema, ormai Fini è lanciatissmo sul referendum e su una strategia di opposizione globale. Così il portavoce Adolfo Ureo dice no ai «contorsionismi» di Salvi, che considera «una furbata», «un escamotage buono giusto per influenzare la decisione della Consulta, facendo balenare un'inesistente convergenza». E neppure Di Pietro è disposto a vedersi sfilare dalle mani il referendum né, tantomeno, la sua proposta di legge di iniziativa popolare per la quale ha raccolto 350 mila firme: «Rimaniamo fedeli a quella», dice. E Gianfranco Fini mettendo il dito sulla piaga di «ima maggioranza divisa» considera il referendimi «sempre più vicino». Intanto Cossiga attacca il segre¬ tario dei Ds Veltroni per la sua proposta di legge «antiribaltoni», che il presidente dell'Udr definisce «uno scherzo giuridico anticostituzionale» e «il tentativo di usurpare il potere di scioglimento delle Regioni attribuito al Presidente della Repubblica». Il diessino Antonio Soda ne prende le difese, sostenendo che «è mio sviluppo coerente del principio contenuto nella legge n. 43 sulle elezioni regionali». Ma alla fine è D'Alema stesso a mediare dando atto a Cossiga che il cambiamento di maggioranza nelle Regioni è perfettamente legittimo: anche se prima o poi sarà bene sottoporre le nuove giunte al voto degli elettori. Un compromesso che sembra aver convinto il presidente dell'Udr. Maria Grazia Bruzzone |__% i a è e o e ] o L'ex presidente del Consiglio Romano Prodi punta a rilanciare il progetto politico dell'Ulivo

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