LA METAMORFOSI DEL ROSSO-VERDE di Enzo Bettiza
LA METAMORFOSI DEL ROSSO-VERDE JOSCHM FISCHER, DA ULTRA'A MODERATO LA METAMORFOSI DEL ROSSO-VERDE SONO trascorsi appena sedici giorni dall'insediamento della coalizione rossoverde a Bonn, e una parte dello stesso elettorato che ne decretò la vittoria risulta già insoddisfatta. La Spd è in calo nei sondaggi e nel giudizio severo di molti che l'hanno votata. Appaiono delusi soprattutto quei moderati che riponevano le loro speranze in un rinnovamento socialdemocratico, in un «nuovo centro» alternativo alla vecchia sinistra; ma i primi passi fiscali della coalizione, la tassa ecologica, l'aumento dei prezzi energetici, le pensioni anticipate ai 60 anni, le brutali ingerenze nell'autonomia della Bundesbank, il mancato sostegno alle piccole e medie imprese hanno mostrato che è la vecchia sinistra, dogmatica e statalista, quella che intende e pretende dirigere l'orchestra. E l'intera orchestra sembra per ora ruotare attorno al mistero di una poco chiara trinità laica. Il padre è il presidente socialdemocratico e superministro dell'economia Oskar Lafontaine; il figlio è il leader verde e ministro degli Esteri Joseph Martin Fischer, noto alle masse come «lo stravagante Joschka»; lo spirito santo, che anche per i teologi resta un'entità impalpabile e indefinibile, è infine Gerard Schròder, il cui volto appare non a caso disperso fra nuvole celesti sulla copertina dello «Spiegel». Titolo: «Dov'è il Cancelliere?» In effetti è come se Schròder fosse di colpo sparito dopo le elezioni, lasciando quasi tutto lo spazio alle due personalità principali e già conflittuali della coalizione: il cancelliere ombra Lafontaine, e l'ex messia dei verdi Fischer. Dico «ex» perché Fischer non è più «lo stravagante Joschka» che faceva il tassista a Francoforte, che nel '68 arringava i radicali di sinistra contro l'America e l'energia atomica, che passeggiava per il Bundestag in scarponi da ginnastica e ne insolentiva con epiteti osceni il presidente. Oggi, egli vuole apparire l'autentico numero due del governo perfino nei composti abiti borghesi, nelle camicie bianche e nelle cravatte di seta che indossa. Già il conservatore Otto d'Asburgo mi diceva anni or sono: «E' il migliore e più intelligente rappresentante dei radicali sessantottini». Pragmatico, realista, oratore efficace e documentato, Fischer ha deposto perfino le armi spuntate del pacifista e, nel nuovo ruolo di vicecancelliere e ministro degli Esteri, non desta più eccessive preoccupazioni negli ambienti della Nato e dell'amministrazione americana. Dal 1995, dal massacro di Srebrenica, egli si è convertito al principio dell'interventismo umanitario e della partecipazione tedesca alle operazioni di «peacekeeping» nei Balcani. Al contrario di Lafontaine, è un europeista duro, convinto, che vorrebbe riconsolidare l'asse franco-tedesco dell'Unione per farne il motore dell'allargamento ai Paesi dell'Est. Suo vero e pericoloso antagonista, oggi a Bonn, l'anno venturo a Berlino, non sarà dunque l'evanescente Schròder ma il visibilissimo Lafontaine. Il «Napoleone della Saar» ha già messo in piedi un impero ministeriale, centrato sugli affari economici ed europei, e tende sempre più a invadere anche lo spazio diplomatico occupato da Fischer. La vera sorte della Germania unificata dipenderà, nel Duemila, dall'esito dell'inevitabile duello tra il cancelliere ombra rosso e in vicecancelliere verde. All'obnubilato Cancelliere legittimo non resteranno che pochi spiccioli nelle tasche bucate. Enzo Bettiza
Luoghi citati: America, Berlino, Bonn, Francoforte, Germania
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