«E' soltanto il primo round» di Luigi Grassia

«E' soltanto il primo round» «E' soltanto il primo round» Ruggiero: troppe tendenze protezioniste SUL tavolo dell'Organizzazione mondiale del Commercio cresce la quantità di dossier aperti di cui si parla poco ma che sono pronti a esplodere, come la guerra delle banane UsaUe. Renato Ruggiero, direttore dell'Omo, dice che la situazione è difficile ma sotto controllo. «La crisi internazionale - spiega l'ambasciatore - ha riguardato fino a questo momento soprattutto il sistema finanziario. Solo di riflesso sta cominciando a coinvolgere anche quello commerciale, perché, ad esempio, il livello dei cambi fra le monete influenza i commerci internazionaU. L'effetto sul 1998 sarà una crescita del commercio ridotta al 4%, cioè circa la metà della crescita del '97. A ogni modo, sempre di crescita si tratta, e non di contrazione. Insomma se crisi c'è, non è certo traumatica. All'Omc stiamo lavorando a contrastare le tendenze protezionistiche che si notano soprattutto in certi Paesi industrializzati. Se prevalessero sarebbe la catastrofe, come nel '29 o peggio, perché oggi il 25% della produzione mondiale è oggetto di import-export che sarebbe bloccato dall'innalzamento delle barriere». I dazi americani sui prodotti agricoli europei, per ritorsione all'import privilegiato di banane dalle ex colonie, sono un campanello di allarme? <(E' una questione indipendente dalla crisi generale. Il dibattito ha raggiunto alti livelli di drammatizzazione ma ci sono tutti gli elementi per pensare che la questione verrà risolta nell'ambito delle regole dell'Orna Un esempio di contrasto Usa-Ue più fondamentale è quello di cui ci siamo occupati al meeting di Charlotte, nella North Carolina da cui sono appena rientrato, dove gli americani hanno chiesto agli europei di fare uno sforzo maggiore per importare merci dai Paesi in crisi, forti del surplus dell'Ue nelle partite correnti di 100 miliardi di dollari, mentre gli Stati Uniti sono in rosso di 200». Il direttore di «Le Monde» Colombani ha scritto sulla Stampa che potrebbe profilarsi uno scontro tra l'Euro e il dollaro, con gh" americani che tengono basso il cambio della loro valuta per agevolare le esportazioni. Qual è la sua opinione? «Eviterei di guardare a tali problemi con spirito eccesivamente machiavellico. Il valore delle monete dipende dalla bontà delle politiche economiche. Per avere un dollaro debole gli americani dovrebbero scegliere, deliberatamente, politiche economiche pessime e non credo che questo succederà. Se ogni area (Usa, Ue, Giappone) prenderà al suo interno le decisioni opportune, la stabilità dei cambi seguirà da sola». E per l'Europa quali sono le decisioni opportune? I nuovi governi di sinistra sono inclini a allentare un po' il rigore per ottenere più sviluppo e occupazione. U commissario europeo Mario Monti propone di non conteggiare gli investimenti pubblici nel deficit ai fini del «patto di stabilità». «L'Europa ha bisogno assoluto di stabilità finanziaria. Questa non la chiamerei politica economica di rigore, ma semplicemente politica economica seria. Ma non credo che questo sia incompatibile con la crescita, di cui c'è altrettanto bisogno. La combinazione di questi due elementi, stabilità finanziaria e crescita produttiva, si chiama competitività. Perseguirla è il nuovo obiettivo storico dell'Europa. Questa consapevolezza mi sembra diffusa e ormai non è neanche più questione di destra o sinistra. Ho l'impressione che ormai i politici intervengano, a seconda della loro sensi¬ bilità, accentuando di più un aspetto o l'altro ma sempre nell'ambito di tale consapevolezza». Questo comune sentire sta abbracciando anche la necessità di riformare le pensioni. Si dice che l'Europa sacrifichi i giovani ai vecchi e si sente parlare di «patto fra le generazioni», così da fare uscire in anticipo dall'impiego gli anziani e lasciare spazio ai più giovani. Che cosa ne pensa? «Per ragioni istituzionali non posso dare un giudizio diretto ma tengo a dire che la disoccupazione giovanile è così drammatica che si impongono soluzioni politiche innovative e coraggiose. Con un'avvertenza: non ci si può limitare a cambiare le regole del pensionamento o a introdurre elementi di flessibilità nel mercato del lavoro, senza cambiare l'etica del lavoro. Bisogna far passare un messaggio utile e veritiero: la società non è un ente di assistenza ma è necessario darle un contributo, perché il lavoro nobilita. Senza etica del lavoro la flessibilità o qualunque altra nuova regola verrebbero rifiutate, sembrerebbero un obbrobrio a chi si è sempre sentito dire tutt'altra cosa, cioè che la mano pubblica deve provvedere a dare tutto. Questo non è un discorso di destra o di sinistra. Sinistra non vuol dire assistenzialismo ma responsabilità e solidarietà vera». Ambasciatore, può esprimere un'opinione sull'ondata di scioperi nei trasporti (da Malpensa ai taxi di Roma) che investe l'Italia? «Il mondo guarda al problema della stabilità politica ed economica dell'Italia con l'intensa attenzione dovuta al sesto Paese esportatore e importatore del pianeta. Da semplice cittadino italiano osservo che l'immagine del nostro Paese all'estero è molto migliorata negli ultimi tempi e che il caos dei trasporti, coinvolgendo nei disagi tanti ospiti stranieri, la danneggia molto». Luigi Grassia

Persone citate: Colombani, Mario Monti, Renato Ruggiero