Pinochet indagato a Roma

Pinochet indagato a Roma L'iniziativa di due deputati verdi sul caso di 3 italiani desaparecidos in Cile e probabilmente assassinati Pinochet indagato a Roma Aperto un altro fascicolo: omicidio ROMA. L'inchiesta su Augusto Pinochet si conclude a Milano e si apre a Roma. E' questa la conclusione di una giornata convulsa sul fronte giustizia. «Sapete che avete dato un dispiacere al ministro Diliberto?». La domanda a bruciapelo arriva in mattinata. E' rivolta a Francesco Saverio Borrelli, procuratore capo di Milano, che pochi secondi prima aveva annunciato l'archiviazione della denuncia presentata quindici giorni fa dall'esule cileno Vicente Vergara Taquias contro Augusto Pinochet. Boirelli non si scompone. Risponde: «La richiesta presentata dal procuratore aggiunto Ferdinando Poinarici riguarda un duplice aspetto: quello relativo alla prescrizione del reato di omicidio e quello relativo alla competenza sulla vicenda»'. Poi commenta: «1 dubbi sulla giurisdizione riguardano l'articolo 8 del codice penale che contempla i reati politici commessi all'estero a danno di cittadini stranieri e l'ipotesi di reato: omicidio e non strage come chiesto dal Guardasigilli». Nessuna sorpresa da parte del ministro di Grazia e Giustizia. «Avevo già preventivato - afferma Diliberto - le difficoltà giuridiche che sarebbero scaturite dal caso Pinochet». Grande sorpresa invece per Taquias, nome di battaglia «Urbano». Rabbiosa la reazione: «Ho presentato un dossier che dimostrava l'uccisione di duemila persone e la scomparsa di altri cento uomini, ho denunciato crimini orrendi contro l'umanità come la tortura, reato imprescrittibile. E ora arriva questa decisione, per giunta prima eh quella della Camera dei Lord. Si vede che non esiste una reale volontà del governo italiano ad andare fino in fondo». Poi Taquias, con un ilio di voce, ag- giunge: «Almeno indagate sulla morte di vostri connazionali». Ed è qui che dallo stupore si passa alla meraviglia. Ieri pomeriggio la notizia: il nome di Augusto Pinochet è stato inscritto nel registro degli indagati della Procura di Roma. Ipotesi: omicidio. Il fascicolo, ora nelle mani del procuratore Salvatore Vecchione e del sostituto Giancarlo Capaldo, è stato aperto dopo la denuncia presentata il 29 ottobre alle 13,45 dai senatori verdi Giovanni Lubrano Di Ricco e Stefano Boco sulla scomparsa di tre nostri connazionali. «Volevo fornire all'Italia i veri strumenti legali» aveva motivato Boco. E ora il vicepresidente della Commissione Esteri del Senato non può dirsi che soddisfatto. «Ho fatto io un piacere a Diliberto - commenta -. Ero convinto che l'articolo 8 potesse essere applicato solo ai cittadini italiani e l'ho detto anche in un'interrogazione parlamentare. Ora finalmente qualcosa si muoverà». I tre italiani «scomparsi» sono: Omar Roberto Venturelli Leonelli, arrestato il 25 settembre 1973 a Temuco («1 suoi familiari in Cile ieri hanno subito delle ritorsioni» rivela il senatore verde»), Delpero Panizza, ucciso il 3 agosto 1976 a Copiapò, e Maino Canales Juan, arrestato il 26 maggio 1976. Ora Capaldo, il magistrato preposto al caso, prima di procedere (richiesta di rogatoria, estradizione o archiviazione) avrà bisogna dell'apposita autorizzazione del Guardasigilli che ieri ha affermato che valuterà «presto la denuncia» e di aver appreso dell'esistenza di un'altra demmeia «solo da notizie giornalistiche». Altre denunce in realtà sono state depositate a Prato e a Carrara. Giovanni Lamberti Il ministro della Giustizia Diliberto sulla chiusura della inchiesta milanese «Non mi sorprende» E altre due denunce contro il generale sono state depositate a Prato e Carrara Il presidente cileno Eduardo Frei (quarto da sinistra) alla riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale