E il fronte di Palestina resta aperto di Aldo Baquis

E il fronte di Palestina resta aperto E il fronte di Palestina resta aperto Sì di Israele all'accordo, ma con nuove condizioni TEL AVIV. In un drammatico dibattito avvenuto mentre Bill Clinton lanciava un nuovo monito all'Iraq, il governo di Benyamin Netanyahu ha esaminato ieri il livello delle difese delle proprie retrovie di fronte a possibili attacchi missilistici e - su pressione del Presidente Usa - ha anche approvato gli accordi con Yasser Arafat raggiunti alla Wye Plantation. Ne ha condizionata però la realizzazione a una lunga serie di puntigliose richieste che dovranno essere soddisfatte da parte palestinese (e che gli uomini di Arafat hanno già respinto). Yitzhak Mordechai è stato costretto ad abbandonare anzitempo la seduta del Consiglio dei ministri per fare ritorno a Tel Aviv al ministero della Difesa da dove si è aggiornato sulla imminenza di un at- tacco militare americano in Iraq e sulla eventuale necessità di far pervenire dall'Europa in Israele nuove batterie di missili anti-missile Patriot. «C'è una forte probabilità di un attacco americano, anche se non ne conosciamo ancora i tempi e le dimensioni» ha spiegato il suo consigliere David Ivri. Già ieri il Dipartimento di Stato ha consigliato ai dipendenti non indispensabii della ambasciata Usa a Tel Aviv e a tutti i cittadini statunitensi di soppesare l'opportunità di lasciare Israele. «I rischi di attacchi chimici o batteriologici - ha spiegato un funzionario - sono remoti, ma non possono essere esclusi del tutto». Come nella crisi del febbraio scorso, Israele si considera estranea agli sviluppi militari nel Gol¬ fo: lo ha spiegato Netanyahu a Jawad Anani, un emissario inviato con urgenza a Gerusalemme da re Hussein. «Ciononostante - ha detto Netanyahu - esaminiano tutte le probabilità, verifichiamo il livello di equipaggiamento». Ieri le stazioni di distribuzione di maschere antigas erano deserte e le autorità militari consigliavano alla popolazione di non alterare per ora la propria routine. «Se Saddam tornasse ad attaccare Israele dimostrerebbe la fondatezza dei sospetti degli ispettori dell'Unscom» ha tranquillizzato il professor Amazia Bar-Am, un esperto di questioni irachene. Ma di fronte ai missili balistici ai-Hussein Israele resta vulnerabile come sette anni fa, perché secondo il generale Avihu BenNun, ex comandante dell'aviazione militare israeliana - né le nuove batterie di Patriot né il missile anti-missile israelo-americano Arrow (tuttora in fase sperimentale) offrono una garanzia assoluta. Da parte sua, ha aggiunto Ben-Nun, l'aviazione israeliana ha molto migliorato la propria capacità di colpire obiettivi in profondità in Iraq: accennava probabilmente alla recente acquisizione di apparecchi FI 51. A legare la crisi irachena alla ratifica degli accordi della Wye Plantation è stato martedì lo stesso Clinton in una telefonata a Netanyahu in cui ha attribuito alla crisi nelle relazioni israelo-palestinesi le difficoltà incontrate dagli Stati Uniti nel trovare appoggi contro Saddam, specialmente nel mondo arabo. A poche ore da un nuovo attentato palestinese (due soldati feriti in una sofisticata imboscata presso Hebron, Cisgiordania), Netanyahu ha dovuto ascoltare per ore veementi critiche agli accordi da parte di nove dei 17 ministri. Gli accordi - che prevedono un ritiro in tempi brevi dal 13 per cento della Cisgiordania - sono stati infine approvati con otto voti a favore, quattro contrari e cinque astensioni. Per mettere a tacere gli oppositori, Netanyahu ha ribadito che la realizzazione degli accordi sarà condizionata alla abrogazione da parte del Consiglio nazionale palestinese di quei paragrafi della sua Carta che predicano l'eliminazione dello Stato ebraico. Ha stabilito inoltre che l'ulteriore ritiro israeliano sarà solo dall'uno per cento della Cisgiordania e che estenderà la legge israeliana agli insediamenti ebraici nei Territori qualora Arafat - nel maggio 1999 - dovesse dichiarare unilateralmente uno Stato palestinese indipendente. «Sono condizioni inaccettabili ha detto alla radio «Voce della Palestina» il capo negoziatore palestinese Saeb Erikat - e non intendiamo stravolgere gli accordi di Wye, non applicheremo punti che non figurano fra quello stabiliti al vertice». E' stata questa la prima reazione dell'Autorità nazionale palestinese all'enunciazione delle condizioni di Netanyahu. Aldo Baquis Scelte drammatiche per il governo di Netanyahu