Clinton: prego perché Saddam ci ripensi di Andrea Di Robilant

Clinton: prego perché Saddam ci ripensi L'Onu ritira tutti gli ispettori dall'Iraq e Washington richiama personale da Israele e Kuwait Clinton: prego perché Saddam ci ripensi Nel Golfo navi e aerei americani pronti a colpire WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Preghiamo perché Saddam faccia marcia indietro», dice il Presidente Clinton con voce grave al cimitero di Arlington, in occasione delle celebrazioni per i reduci di guerra. «Ma dobbiamo essere pronti ad agire se non lo farà». Il clima nella capitale si è improvvisamente rabbuiato. Da oggi, fanno sapere alla Casa Bianca, ogni giorno è buono per un attacco prolungato e sostenuto contro l'Iraq a meno che Saddam Hussein non torni a collaborare pienamente con le Nazioni Unite. Tutti gli ispettori Onu sono stati evacuati dall'Iraq. Il build-up militare degli Stati Uniti nel Golfo è stato bruscamente accelerato. Il personale diplomatico americano «non essenziale» ha lasciato Israele e Kuwait in previsione di possibili ritorsioni irachene. E ieri sera il Presidente ha riunito alla Casa Bianca i suoi più stretti collaboratori per vagliare un'ultima volta le varie opzioni militari. Su richiesta della Russia il Consiglio di sicurezza è stato convocato per una riunione d'emergenza. Ma gli americani ritengono che un intervento militare non abbia bisogno di una nuova luce verde dell Onu (e Clinton lo ha confermato ai suoi alleati, incluso Massimo D'Alema con cui ha parlato martedì sera). Il clima diplomatico è molto cambiato rispetto all'inverno scorso, quando la missione di Kofi Annan evitò in extremis l'attacco guidato dagli americani. L'opposizione è molto più smorzata questa volta e c'è un'aria di rassegnazione. E' in gioco la credibilità delle Nazioni Unite. E quella degli Stati Uniti. Mosca continua ad opporsi ad un'azione di forza contro l'Iraq. Ma la posizione della Russia è più debole rispetto a febbraio. I mugugni dèlia Francia trapelano anche questa volta, ma solo per via ufficiosa. E il ministro degli Esteri Lamberto Dini dice che «lo sforzo diplomatico» non è del tutto esaurito. Ma in realtà non ci sono mediazioni sul tappeto: o Saddam accetta di collaborare pienamente con gli ispettori Onu o gli americani attaccheranno. Lo stesso Annan, che ha interrotto un viaggio in Africa per tornare in tutta fretta al Palazzo di Vetro, ha chiarito che non ha alcuna intenzione di ripetere la missione a Baghdad che fece a febbraio. Il primo segnale che l'intervento militare è ormai imminente è venuto ieri mattina con l'annuncio del ritiro immediato dei 103 ispettori dell'Unscom che si trovavavno ancora a Baghdad. In una conferenza stampa al Palazzo di vetro Richard Butler, il capo degli ispettori, ha poi spiegato di averli evacuati d'urgenza dopo aver ricevuto chiare indicazioni dalla Casa Bianca. Poco dopo il segretario alla Difesa William Cohen ha firmato un decreto per il rafforzamento immediato del contingente americano nel Golfo: 84 aerei da combattimento in più, tra cui decine di caccia F15 e F16 e di bombardieri B52 e FI 17A, gli invisibili Stealth. Il Presidente Clinton ha anche approvato l'invio di altri tremila uomini per rafforzare le difese del Kuwait in caso di un contrattacco dell'Iraq. Le nuove forze vanno ad aggiungersi a quelle che già si trovano nel Golfo: il gruppo della portaerei Enterprise e gli otto incrociatori muniti di missili Cruise (Tomahawk). Un'altra portaerei, là Eisenhower, sta muovendosi rapidamente verso il Golfo. In tutto gli americani avranno trecento aerei da combattimento a disposizione, una forza quasi equivalente a quella che avevano ammassato nella regione lo scorso inverno. Le dimensioni dello sforzo militare americano fanno ormai ritenere che l'opzione minimalista di un rapido blitz contro Saddam Hussein stia rapidamente tramontando a favore dell'opzione massimalista: un attacco massiccio e prolungato, della durata di diversi giorni, inteso a distruggere non solo le installazioni «sospette» di Saddam Hussein ma anche i punti nevralgici del suo sistema di potere. Lo ha fatto capire con chiarezza il capo di Stato maggiore, il generale Hugh Shelton, quando ha spiegato ieri mattina: «L'obiettivo è quello di ridurre drastica¬ mente la capacità di Saddam Hussein di minacciare i suoi vicini». Un attacco massiccio contro l'Iraq metterebbe probabilmente fine al complesso regime dell'Unscom messo in piedi dalle Nazioni Unite sette anni fa per smontare l'arsenale nucleare, chimico e biologico di Saddam Hussein. Ma dopo anni di ispezioni frustranti e spesso inefficaci, Clinton e il suo entourage sembrano ormai essersi convinti che l'Unscom non sia più la giusta soluzione per contenere Saddam Hussein. Come ha detto lo stesso Presidente parlando ieri mattina ad Arlington: «Se gli ispettori non possono controllare siti sospetti non ha senso che stiano a Baghdad. Tanto vale che stiano a Baltimora». Andrea di Robilant Scontato il no russo, Francia e Italia sperano ancora nella via diplomatica A sinistra ispettori Onu in Iraq Sopra, donne inneggiano a Saddam