Impeachment, si va allo scontro di Andrea Di Robilant
Impeachment, si va allo scontro Cade l'ipotesi censura, ma le prime divisioni nella destra rendono incerto il verdetto dei deputati Impeachment, si va allo scontro // dibattito sul Sexgate si sposta alla Camera WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'ipotesi di un compromesso tra Congresso e Casa Bianca per evitare l'impeachment è improvvisamente tramontata. Dopo il successo dei democratici nelle elezioni di mid term era tornata brevemente in auge l'idea di «punire» Bill Clinton con un atto formale di censura. Ma quella soluzione ò stata accantonata nelle ultime 24 ore. Non solo perché la destra repubblicana vi si oppone ma perché molti giuristi la considerano incostituzionale. E ora democratici e repubblicani si avvicinano inesorabilmente ad uno scontro frontale in aula. Le audizioni alla commissione Giustizia della Camera, che è controllata dalla destra repubblicana, cominceranno la settimana prossima. Ma l'ufficio legislativo della commissione - lo ha rivelato ieri il Washington Times - è già arrivato alla conclusione che le accuse contenute nel Rapporto Starr sono tali da giustificare l'impeachment. E questo nonostante il parere contrario di alcuni storici e costituzionalisti ascoltati lunedì nel corso di un'audizione preliminare. Risultato: il voto della commissione Giustizia a favore dell'impeachment è praticamente scontato perché i repubblicani, in quella sede, voteranno compatti. A gennaio la battaglia si sposterà all'aula. Ma nella nuova Camera eletta la settimana scorsa la maggioranza repubblicana sarà risicata. E Clinton ha buone chances di farla franca perché alcuni repubblicani moderati hanno già fatto sapere che voteranno contro l'impeachment. «I voti alla Camera a favore dell'impeachment non ci sono», assicura Mark Souder, deputato dell'Indiana. E anche Ron Packard, il deputato della California che tiene il conto dei voti per Robert Livingston - prossimo speaker della Camera - dice di essere dubbioso sulla capacità dei repubblicani di rimanere compatti in aula. L'idea che Clinton possa uscire indenne dalla vicenda Lewinsky se davvero ha commesso spergiuro ed ha abusato dei suoi poteri sconvolge molti repubblicani - e per la verità pure parecchi democratici. Per questo l'idea di una censura - un atto formale del Congresso contro il Presidente era tornata alla ribalta come possibile soluzione di compromesso. Ma in realtà la Costituzione non prevede una simile via d'uscita una volta che si è messo in moto il meccanismo dell'impeachment. Non solo: secondo molti giuristi l'idea che il Congresso «sgridi» il Presidente è palesemente in contrasto con il principio della separazione dei poteri. Accantonata l'ipotesi-censura, i repubblicani, divisi tra quelli che vogliono andare avanti a tut¬ ti i costi e quelli che vogliono evitare un pericoloso show down con i democratici, si agitano confusamente alla ricerca di una via d'uscita dalla trappola che è diventata per loro la vicenda Lewinsky. E in questo quadro s'inserisce l'ultima proposta, del senatore Arlen Specter (Pennsylvania): «Lasciamo perdere l'impeachment e processiamo Clinton quando avrà lasciato la Casa Bianca». In questo modo, spiega il senatore, il Paese non dovrà subire il trauma delle audizioni e delle votazione, ma il Presidente sarà punito per i suoi eventuali reati. Il senatore Specter è uomo di indubbia influenza, dicono nell'entourage del Presidente, ma sembra che abbia fatto i conti senza Clinton: con l'aria che tira a suo favore, il Presidente ha ogni interesse ad andare allo scontro frontale nell'aula della Camera piuttosto che rischiare un pericoloso processo quando sarà tornato semplice cittadino. Andrea di Robilant
Luoghi citati: California, Indiana, Pennsylvania
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