Il «tour» delle tombe di Filippo Ceccarelli

Il «tour» delle tombe Il dibattito dopo la visita di Veltroni al sepolcro di Dossetti: il cimitero diventa un espediente comunicativo? Il «tour» delle tombe SROMA I scopron le tombe... Ma nel senso che sempre più nella politica italiana se ne scopre l'inesorabile valore d'uso, l'efficacia simbolica, la sistematica e risonante immediatezza con cui, appunto, i sepolcri cominciano a fare cortocircuito con la vita pubblica. Per la verità anche con qualche eccesso, come indica oggi una lettera di Enrico Manca al Foglio. Lettera nella quale l'esponente socialista chiede a Veltroni di rendere omaggio alla tomba di Filippo Turati. E magari anche di altri padri del riformismo, sepolti evidentemente in diversi luoghi, a riprova della loro attualità. Per cui, lungi da ogni irriguardosa intenzione, ma solo per dare il senso di un fenomeno che comunque fa leva su motivazioni profonde, occorre forse ricordare che l'ultimo ciclo mediatico-tombale è cominciato nel week-end con le visite di Veltroni a Marzabotto e poi nel cimitero di Monte Sole, sull'Appennino, dove il neo segretario dei ds ha deposto un mazzo di gladioli e crisantemi sul sepolcro di Dos- setti. Soprattutto questa seconda iniziativa ha destato, in egual misura, polemiche e consensi. Dall'agenzia dei vescovi, la Sir, che ha additato nel gesto di Veltroni la «logica dell'immagine» combinata alla «lucidissima lezione» dell'egemonia; a Pietro Ingrao, che sul Manifesto dell'altroieri, ha invece difeso la visita del leader post-comunista, concludendo: «Temo che ci sia, o ci possa essere un immiserirsi della politica che vede un calcolo persino in un mazzo di fiori e che invoca aspramente la proprietà persino su una tomba». In questo quadro si colloca l'uscita di Manca sulla necessità che Veltroni compia «un atto simbolico» e quindi renda omag- io al sepolcro di Turati. Ma nela stessa lettera, che suona obiettivamente cimiteriale, menziona come figure da onorare anche Matteotti, Nenni, Saragat e Silone. Ora è fin troppo evidente che nessun nuovo segretario di partito avrebbe mai l'interesse di inaugurare la propria leadership girando per cimiteri. Se pure è vero che «a egregie cose U forte animo accendono, l'urne de' forti», è anche vero che nessun leader, tantomeno Veltroni, sareb¬ inistra Fosse deatine be disposto a fondare, rifondare o aggiustare la propria immagine su questo irrealistico e forse addirittura grottesco giro delle sette tombe. Enrico Manca lo sa benissimo, ma lo propone lo stesso, anzi «lancia la proposta», come riporta l'Ansa, consapevole dell'impatto. La tomba diventa così un puro espediente comunicativo; e questa specie di culto dei morti conferma la deriva di una politica che, mutilata nelle idee e perfino nelle parole, vive ormai di gesti, di tracce, di emozioni, di segni di riconoscimento e di scenografie. Da questo punto di vista le tombe funzionano perfettamente. Non a caso, poche ore prima di annunciare lo scioglimento del msi (11 dicembre 1993), Fini si è recato alle Fosse Ardeatine a deporre un mazzo di garofani bianchi. E pochi mesi dopo Teodoro Buontempo si è scontrato con il trafugatore della salma del Duce, Leccisi, proprio davanti al mausoleo mussoliniano a Predappio. Niente, a volte, è più controverso di una tomba - e anche per questo i Savoia ancora non riposano al Pantheon. Niente è più sintomatico: vedi l'insistenza con cui negli ultimi anni si è indagato sul rilievo cerimoniale via via assegnato nel pei, poi nel pds, al ricordo di Togliatti al Campo Verano. La tomba indica, trasmette, segnala. Non basta che Leoluca Orlando si pronunci contro la pena di morte, perciò stabilisce che il giustiziato O'Dell - e la moglie, in futuro - sia sepolto nel camposanto di Palermo. Mentre Berlusconi ha già indicato con chi (Confalonieri, Dell'Utri) dovrà riposare nel mausoleo di Arcore. Si scopron le tombe, dunque, però i morti sembrano più vivi che mai. Filippo Ceccarelli A sinistra le Fosse Ardeatine

Luoghi citati: Arcore, Marzabotto, Palermo, Predappio