QUELLE DUE CODE

QUELLE DUE CODE QUELLE DUE CODE chezza e dalla notte, dal freddo, persino dall'allarme di essere lì, immobili, e vedersi la meta scappare. La meta era (è) un permesso di soggiorno, era (è) la vita: un lavoro, cibo, identità, sogni, futuro. Erano tutti ragazzi venuti da distanze relativamente brevi, ma da un tempo lontanissimo a noi. Oggi, guardate la foto. C'è la diva di plastica Jenny McCarthy che saluta un'altra coda di ragazzi, con le transenne, la polizia, la calca. Ma questa volta sono ragazzi a noi contemporanei, con la cicca delle merendine sotto agli occhi vispi, lo zainetto, l'orecchino e certi pensieri appesi - tra i riccioli e il cuore - che hanno a che fare con la musica, l'identità, i sogni, il futuro. E pure (hanno a che fare) con l'ultimo tatuaggio di Madonna. Con l'imminente matrimonio tra Kenny Moss, texano, maschio, e George Michael, greco, maschio (o cielo!). Con la love story tra Nathalie Imbruglia e Lenny Kravitz. Con il calcolo di quanti galloni di birra si sia bevuto (l'altra notte) il rapper Busta Rhymes, prima di schiantarsi ad- dormentato nella suite dell'Hotel Principe e Savoia. Anche loro, i nostri cocchi di mamma in coda, stanno ai bordi un mondo. Anche loro provano uno strano allarme - negli occhi di pupi ben nutriti - di esserci senza esserci davvero, di stare molto vicini alla meta, senza poterla raggiungere, toccare, vedere. Stanno lì sotto al riverbero planetario di una televisione planetaria, Mtv, che stasera consegnerà gli Oscar della musica sotto ai riflettori lunari, e agli occhi stellati della bionda Jenny McCarthy, per una platea che (dicono) sarà di un miliardo di persone. L'evento, visto da molto vicino, in queste ore di attesa, non ha solo la staticità della coda, ma anche il dinamismo di un formicaio invaso dalla luce. Il formicaio è l'Italia, la capitale mondiale del rock. Che ha messo in massima vibrazione il labirinto setoso della moda, annunciando party, festeggiamenti, passerelle, nei nuovi templi delle notti cristallo. Che ha convinto persino il pacifico Albertini, il sindaco che arrivò in mutande davanti a una Milano ridotta in canottiera, a spalancare certi saloni di Palazzo Marino a questa truppa regale di divi transitori che scalano il mondo, arrivano in cima, e poi finiscono negli archivi di nessuna memo- ria, essendo la celebrità agganciata al velocissimo isterismo dei tempi televisivi. I quali tempi creano come delle bolle d'aria, sintonizzate ai tempi veri dei molti mondi reali che convivono uno accanto all'altro. Perciò cento ore fa: la disperazione di notti passate davanti ai commissariati a raccontarci quella bolla d'aria che chiamiamo immigrazione, con archivi di storie, viaggi, umiliazioni, stupori. Tutti a contendersi il panino, l'acqua, il sonno. E adesso questa seriale allegria, davanti ai velluti di alberghi a cinque stelle, inseguendo il cuoio delle All Saints, cantando tutti la stessa canzone imparata a memoria, perchè così sono fatti i fans. Allegria non bella da vedere, ma neppure disperante, semplicemente reale, passabile d'ironia e persino di qualche noiosa lezione. Due fotografie scattate (quasi) sullo stesso set, per raccontarci la velocità con cui mutano e in fondo noi stessi mutiamo i paesaggi possibili della stessa identica città, moltiplicandola. Gli scatti fotografici sono come gli spermatozoi: ce ne sono milioni, ma uno solo è quello buono. Qualche volta quelli buoni sono addirittura due. Se confrontati. Pino Corrias

Persone citate: Albertini, George Michael, Jenny Mccarthy, Kenny Moss, Lenny Kravitz, Nathalie Imbruglia, Pino Corrias, Savoia

Luoghi citati: Italia, Milano